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"Non si affitta ai disabili", l'incredibile storia di Anna

Non riesce ad uscire dalla struttura dov'era entrata per un periodo di riabilitazione perché per lei non c'è possibilità di trovare una casa

Non si affitta ai disabili

Non si affitta ai disabili

"No, ai disabili non affittiamo".

Anna se l'è sentito rispondere decine e decine di volte in quest'ultimo mese, da quando ha terminato il suo percorso riabilitativo nella clinica Fatebenefratelli di San Maurizio Canavese e l'assistente sociale ha firmato con lei quel progetto che le permette di tornare ad una vita normale.

La felicità di quel momento, è presto andata in frantumi schiantandosi contro un pregiudizio assurdo.

"Fin dalle prime telefonate mi sono accorta che qualcosa non andava. Eppure ho tutti i requisiti. La busta paga Inps ha un valore come tutte le altre. E' vero che non percepisco una pensione alta, ma con l'accompagnamento arrivo a prendere 1200 euro al mese".

Trovandosi in una struttura pubblica, l'assegno di accompagnamento le è stato sospeso. E' la legge a stabilire così. Anna tornerà a percepirlo quando uscirà di lì, ma se non trova una casa in cui andare continuerà a restare nella struttura senza quell'assegno. Insomma, un gatto che si morde la coda.

"Eppure ho tutta la documentazione che dimostra il fatto di aver diritto anche a quei soldi. E' proprio che di noi disabili non interessa niente a nessuno. Siamo trattati come cittadini di serie B".

Tra i vari ostacoli c'è la richiesta di qualcuno che le faccia da garante: "Io non ho nessuno. L'unico a potermi aiutare è il mio fidanzato che è disposto a mettere la sua busta paga per farmi ottenere l'affitto. Ma essendo disabile anche lui non può essere mio garante. E così mi ritrovo al punto di partenza".

Non appena sentono che Anna è disabile, gli ostacoli aumentano: "C'è chi attacca subito senza neppure farmi parlare e chi invece dice di volere almeno una busta paga di 1900 euro. Ma se disponessi di una cifra del genere farei subito un mutuo per acquistarla una casa".

La preoccupazione è tanta: "Prima abitavo ad Aqui Terme. La mi residenza risulta in un'abitazione che oggi è vuota. Rischio che venga dichiarata irreperibile e in quel caso perderei anche la mia pensione di invalidità. E' un incubo questa storia. Un vero e proprio incubo".

Neppure le case di edilizia popolare sembrano una soluzione: "Avevo fatto richiesta di entrare in graduatoria ad Aqui, ma la domanda è stata fatta male e sono stata esclusa. Io, oggi, vorrei rifarmi una vita qui, in Canavese e finché non prenderò la residenza non potrò far richiesta di entrare in graduatoria per una casa popolare. Ci vogliono cinque anni prima di poter presentare domanda".

Le pretese di Anna non sono molte: "Mi accontento di una casetta piccola, che abbia poche spese. Ho cercato a San Maurizio, a Ciriè, nelle Valli di Lanzo. Proprio a Lanzo ne avevo trovata una che sembrava perfetta, ma non hanno proprio voluto sentire discorsi".

Anna si sente sola e abbandonata. Ha 47 anni e ricominciare una vita fuori dalla struttura che l'ha ospitata negli ultimi sette mesi è il sogno più grande, ma il muro del pregiudizio è troppo forte per essere sfondato.

"Non affittare ad una disabile che economicamente può sostenere le spese è una discriminazione. Mi sento davvero messa in secondo piano e la sensazione è terribile".

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