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Willie Peyote e Pippo Civati soci di un locale ai Murazzi

Nei giorni scorsi è stato chiamato a testimoniare ad un processo su Askatasuna. Prima di lui Zarocalcare

Willie Peyote e Pippo Civati soci di un locale ai Murazzi

Il rapper Willie Peyote, nome d'arte di Guglielmo Bruno, 37 anni, originario di Leini, è comparso alcuni giorni fa in tribunale a Torino come testimone, chiamato dalla difesa, al processo contro Askatasuna, che vede alcuni attivisti imputati di associazione per delinquere.

Prima di lui, su quel banco è passato nientemeno che Zerocalcare, anche lui chiamato a deporre dagli avvocati difensori.

Gugliemo Bruno, rispondendo all’avvocato Roberto Lamacchia non ha negato di avere avuto rapporti con il centro sociale: "L'ho frequentato come ascoltatore di concerti. Poi mi è capitato di suonarci, senza mai percepire un compenso, e, in seguito, di partecipare a qualche incontro dedicato a temi sociali al quale ero invitato come esponente artistico torinese. A volte ci passavo semplicemente per una birra".

Nel 2022, dopo la sua partecipazione a Sanremo, Willie Peyote fu una delle star di un 'concertone' non autorizzato di Askatasuna e venne denunciato, insieme ad altri 36 individui, per aver violato la diffida del questore. Con lui, nell'elenco, anche Madaski, Bandakadabra, Zuli, Errico Canta Male e Mauràs.

Qualche tempo fa aveva anche partecipato al Festival Alta Felicità in Valle di Susa, sempre a titolo gratuito.

E se nel 2020 si è presentato al presidio permanente dei Mulini in val Clarea "per portare solidarietà alla resistenza", nel 2022, durante il concerto di capodanno, a Torino, ha polemizzato contro la Presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. 

"In questi mesi, a settembre in particolare, abbiamo bestemmiato molto. Ora questa canzone la dedico a Giorgia". 

Impossibile non cogliere il riferimento alla Presidente del Consiglio, la canzone in questione si intitola "Io non sono razzista ma" e distrugge, pezzo dopo pezzo, tutte le idee del centrodestra in tema di immigrazione.

Alcune frasi del testo sono piuttosto chiare e significative: "Stop alle nostre frontiere forse sparare conviene", un chiaro riferimento alla politica dei "porti chiusi" più volte raccontata dal centrodestra. La Meloni, ad un certo punto, parlò anche di affondare le navi delle Ong...

Nel ritornello arriva l'affondo: "Chi dice io non sono un razzista ma E' un razzista ma non lo sa".

Un locale ai Murazzi

Ma su Peyote in questi giorni c’è anche dell’altro da raccontare. Il cantautore,  infatti, negli spazi che un tempo ospitavano il club Alcatraz, sotto le arcate dei Murazzi, mercoledì scorso ha inaugurato un locale insieme all’ex deputato Pippo Civati. Si chiama  «Capodoglio».

Tutti e due si si occuperanno della direzione artistica che spazierà dai dj set ai concerti, dagli spettacoli teatrali alle stand up comedy, offrendo aperitivi cene e inserendo anche presentazioni di libri, talk e la registrazione di podcast direttamente dal palco. 

Nel periodo estivo il locale sarà aperto tutti i giorni dalle 18 fino a tarda notte. Ma dal prossimo settembre prevista l’apertura durante il week end anche negli orari del pranzo.

Chi è Willie Peyote?

Per noi tutti è Willie Peyote, per gli amici è “Gugi”. Per mamma e papà sarà sempre Guglielmo. Le radici del rapper-cantautore che ha stupito l’Italia sul palco di Sanremo qualche anno fa, portandosi a casa il premio della critica per il brano “Mai dire mai (La Locura)”, sono nella prima cintura torinese, in una villetta di via Volpiano a Leini. Vi abitano due 60enni, Oscar Bruno e Michela Guaraglia: i genitori di Willie Peyote.

Il piccolo Guglielmo con mamma Michela e papà Oscar

Oscar passa l’infanzia a Torino, in Barriera di Milano, e nel ’70 si trasferisce a Leini con la sua famiglia. Michela nasce e cresce nel biellese. I due s’incontrano, si conoscono, s’innamorano. Si sposano e prendono casa, lì dove sono ancora oggi. Nasce Guglielmo, nascono le sorelle Camilla (futura mamma di Margherita e Matilde) e Cecilia. Sotto a quel tetto c’è qualcosa che non manca mai: la musica. Quella suonata, innanzitutto.

«L’amore per la musica, nella mia famiglia, è stato tramandato di padre in figlio - ci raccontava Oscar qualche tempo fa -.  Mio padre suonava la fisarmonica, io ho sempre suonato la batteria, fin da ragazzo, poi è toccato a Guglielmo. Anche Michela suona, il pianoforte».

Con le bacchette in mano, Oscar nel corso degli anni ha fatto parte di diverse formazioni, spesso insieme ad Alex Loggia, chitarrista degli Statuto. Tra le esperienze che ricorda con piacere, quella nei “Mr. Tokyo & The Beat Goes On”.

«Ma l’importante per noi era suonare, ci bastava questo, qualunque fossero i compagni di viaggio». Oggi Oscar e Michela suonano insieme,  per diletto, nella sala prove che hanno realizzato a casa qualche anno fa.

QUI L'INTERVISTA COMPLETA AI GENITORI

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