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Medico no vax torna in reparto: "Ci hanno chiuso dentro un lager per un anno"

Il dottore ha rischiato di morire di fame senza lo stipendio

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Dottore in sala operatoria (foto d'archivio)

"Questa non è una vittoria, ma l'affermazione di un semplice diritto". Non nasconde l'emozione uno dei medici piemontesi No vax, che questa mattina è rientrato al suo posto di lavoro in un ospedale della regione, dopo la revoca anticipata della sospensione. In oltre 20 anni di professione è tutto filato liscio "mai subito un'azione disciplinare", sottolinea, fino al 15 settembre 2021 quando è stato sospeso perché si era rifiutato di vaccinarsi contro il Covid.

"Oggi ho rivisto i colleghi, gli amici che purtroppo hanno ceduto al ricatto del vaccinarsi - racconta - ci siamo abbracciati. Anche se ho la sensazione che qualcuno all'ospedale abbia storto il naso nel vedermi tornare. Ma sul lavoro siamo tutti fratelli, sono le decisioni politiche che ci hanno contrapposto. Ma non mi sono vaccinato perché mia figlia ha subito un danno neurologico proprio a causa di un vaccino. Così ho dovuto scegliere tra un evento avverso a mio carico o stare vicino a mia figlia".

"E non è stato facile - afferma il medico - essere emarginati e stare chiusi dentro un lager. Ho perso lo stipendio, siamo sopravvissuti grazie alle collette delle associazioni, perché non avevamo neanche il pane per mangiare, visto che siamo una famiglia a monoreddito".

Come lui, il medico torinese No vax ricorda, che sono in molti ad aver fatto la sua stessa scelta: "Ma noi resistiamo, chi nelle ambulanze, chi nei reparti o nelle sale operatorie - sottolinea - abbiamo sempre saputo che il vaccino non serviva a nulla, non dava benefici". "Sinceramente - conclude - non mi aspettavo la revoca della sospensione anticipata. Mi ha colto di sorpresa. E quando ho timbrato questa mattina ero emozionatissimo e sono stato accolto in maniera degna. Come meritiamo anche noi che non ci siamo vaccinati perché anche noi siamo prima di tutto al servizio del popolo italiano"

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