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16 Settembre 2022 - 23:39
Paglia Patrizia
INCHIESTA. Sono passati 11 anni dall’entrata in vigore della legge 120 del 2011 nota come Golfo - Mosca che ha introdotto in Italia l’obbligo delle quote rosa nelle società quotate e in quelle partecipate.
A leggere i dati non si può che parlare di dieci anni di conquiste al femminile tanto che nel 2021, la presenza delle donne nei Cda delle società quotate in borsa ha raggiunto il 41,2%, superando di ben 10 punti la media europea.
Cosa dice la legge
La Legge n. 120/2011 serve a stabilire una percentuale obbligatoria di presenza di entrambi i generi nelle attività lavorative, per garantire una rappresentazione paritaria. In Italia è il genere femminile ad essere penalizzato, da qui il modo comune di chiamare le quote di genere, “rosa”. Nello specifico, la legge Golfo - Mosca ha introdotto l’obbligo normativo della riserva di posti a favore del genere sottorappresentato negli organi di amministrazione e dei collegi sindacali delle società quotate in borsa e delle partecipate.
La fotografia dei CdA e dei collegi sindacali delle quotate al momento in cui venne approvata la normativa medesima.
Le società quotate erano 272, con un totale di 2815 consiglieri, di cui 2646 uomini e soltanto 169 donne. Collegi sindacali delle quotate contavano 817 sindaci, di cui 762 uomini e soltanto 55 donne. Numeri altrettanti irrisori che riguardavano presenze femminili vi erano nei CdA e nei collegi sindacali delle partecipate.
Pertanto, i numeri, oggi, confermano, che la normativa è stato un valido strumento per riuscire a sfondare il soffitto di cristallo.
Come viene
garantito l’accesso
La Consob è Autorità Amministrativa indipendente alla quale è stata attribuita dalla legge in questione, pertanto, un potere sanzionatorio che consiste in specifico nell’emanazione di una prima diffida nei confronti della società che non si adegua.
Nel caso in cui dopo la prima diffida, trascorso un periodo temporale preciso, la società medesima continua a non adempiere, alla Consob è stato affidato il potere di comminare una sanzione amministrativa pecunaria sia per l’organo di amministrazione che per l’organo di controllo di importi differenti.
Inoltre, nel caso in cui la società medesima continui a non adempiere, in extrema ratio, la Legge 120/2011 ha previsto che in caso mancato adeguamento delle società quotate la Consob commina la sanzione che prevede la decadenza dell’intero CdA. Per quanto riguarda, le società partecipate, la vigilanza e l’irrogazione di sanzione, qualora non si adeguino, invece, è stato affidato alla Presidenza del Consiglio dei Ministri oppure quest’ultimo delega al Ministero Pari Opportunità. Nel 2019, la legge 160 (Legge di Bilancio 2020)(4), ha prorogato la legge Golfo-Mosca con una modifica che ha previsto che il periodo di vigenza dei mandati non sia più tre consecutivi, bensì sei consecutivi.
Un ulteriore modifica della Golfo - Mosca ha riguardato la riserva dei posti che dal 30% - come era previsto nell’impianto normativo originariamente - è passato al 40%.
Lella Golfo, la prima firmataria della Legge 12/2011 e il suo legame con Marisa Bellisario e il Canavese
“Stiamo per votare una proposta di legge che mi onoro di aver pensato, condiviso e presentato come prima firmataria, è per me un grande giorno, ma credo che lo sia per tutte le donne italiane…”.
Sono le parole pronunciate, dall’On. Lella Golfo alla Camera del Deputati, in occasione della dichiarazione di voto il 28 giugno 2011, giorno nel quale venne votata e approvata la Legge 120/2011, meglio conosciuta come Legge Golfo-Mosca.
Lella Golfo è nata a Reggio Calabria e vive a Roma. Giornalista pubblicista, Commendatore e Cavaliere della Repubblica, la sua vita è una storia d’impegno sociale per le donne. È ancora una ragazza quando si batte con determinazione per sostenere e difendere i diritti delle “gelsominaie” della zona Jonica e delle “raccoglitrici di olive” nella Piana di Gioia Tauro.
Approdata a Roma, con un gruppo di donne, inventandosi una forma di autofinanziamento per creare iniziative ad hoc finalizzate alla promozione delle donne.
Colpita dalla figura di Marisa Bellisario, allora Amministratore Delegato dell’Italtel e prima manager di successo che il nostro Paese ricordi, nell’89, a un anno dalla sua scomparsa, decide di dar vita a un Premio in sua memoria. Nasce così il Premio Marisa Bellisario e due anni dopo la Fondazione Marisa Bellisario.
Nel 2008 entra in Parlamento nelle fila del Pdl e diviene membro della Commissione attività produttive, commercio e turismo e della Commissione parlamentare d’inchiesta sui fenomeni della contraffazione e della pirateria in campo commerciale. Si distingue per essere una delle parlamentari con il più alto tasso sia di presenza sia in Aula sia nelle commissioni. Presenta numerose proposte di legge, incentrate soprattutto sulla questione femminile, oltre a interrogazioni e ordini del giorno per la difesa della sua terra, la Calabria.
Nel 2011 la proposta di legge sulle quote di genere nei CdA delle società quotate e controllate, di cui è prima firmataria, diviene Legge dello Stato.
La percentuale di donne nei Cda in Italia supera la media europea di 10 punti
In Italia, la presenza delle donne nei consigli d’amministrazione delle grandi società quotate in Borsa continua a crescere e nel 2021 si attesta al 41,2%: oltre 10 punti percentuali in più rispetto alla media Ue, che è del 30,6%. I dati sono contenuti nel rapporto Bes 2021 “Il benessere equo e sostenibile in Italia”, pubblicato giovedì dall’Istat.
Secondo l’Istituto di statistica, il passo avanti compiuto dal nostro Paese nell’equità di genere va ricondotto in buona misura alle ulteriori misure introdotte dalla legge di bilancio 2020, che ha innalzato al 40% la quota femminile obbligatoria nei Cda delle aziende quotate, aumentando anche da tre a sei il limite massimo di mandati consecutivi. I dati preoccupanti sulla condizione femminile in Italia, tuttavia, non mancano. È ancora molto ampio, ad esempio, il divario fra il tasso di occupazione delle donne con e senza figli. Tra i 25 e i 49 anni di età, infatti, le donne hanno un lavoro nel 73,9% dei casi se non hanno figli, mentre la percentuale crolla al 53,9% fra quelle che hanno almeno un figlio di età inferiore ai 6 anni.
La situazione più difficile rimane quella del Sud Italia, dove lavora solo il 35,3% delle donne con figli piccoli, contro il 62,7% del Centro e il 64,3% del Nord.
Patrizia Paglia: “Toglierle sarebbe un vero peccato”
La leader di Fratelli d’Italia, Giorgia Meloni, vorrebbe cancellare anche le quote di genere introdotte nelle società quotate e in quelle partecipate.
Via, con un colpo di spugna, dieci anni di conquiste ottenute dalle donne proprio grazie ad una legge che ha dimostrato di funzionare e bene, al punto di essere presa anche a modello in Europa.
“Toglierla sarebbe un vero peccato” commenta la presidente di Confindustria Canavese, Patrizia Paglia.
“Le quote introdotte dalla legge 120 del 2011 Golfo - Mosca ci hanno messo un po’ a funzionare, non è stato automatico. Ma questa norma ha agito da testa d’ariete - spiega la Presidente Paglia -. Più che altro ha acceso in certe donne, in certe professioniste, la consapevolezza di poter ricoprire certi ruoli e questo ha fatto sì che si potessero proporre in modo proattivo a prescindere dalle quote di legge”.
Toglierle, secondo la Presidente di Confindustria Canavese, sarebbe un’assurdità: “Ci sono ben altri problemi? Perché attivarsi per eliminare questa legge?. E’ giusto che ci sia un’equa rappresentanza. A volte si aprono problemi e discorsi su cose che funzionano. E non credo neppure che nessuna azienda sia andata peggio”.
Per quanto riguarda la sua posizione, Patrizia Paglia commenta: “Non sono per il femminismo a tutti i costi, ma il mondo è metà di genere maschile e metà di genere femminile. Ed è giusto che venga rappresentato da entrambi i generi”.
Devietti: “La legge non ha raggiunto i risultati sperati”
“La questione ‘quote rosa’ non mi ha mai appassionata moltissimo: come ho già avuto modo di spiegare in più di un’occasione, l’accesso ai ruoli guida, in società come in politica, deve essere secondo me soprattutto una questione di merito”.
La pensa così Loredana Devietti, imprenditrice e sindaco di Ciriè.
Poi, aggiunge: “Non posso però non condividere che le quote rosa in ambito lavorativo siano state effettivamente utili per superare una certa ritrosità a scegliere donne, comunque meritevoli, nelle posizioni di management, ma non solo”.
Che fare, dunque?
“È però evidente come a distanza di anni dall’adozione dell’apposita legge questo strumento non abbia raggiunto i risultati sperati, perché il divario tra i generi è ancora ampio: soprattutto in politica, le donne si sentono ‘lontane’ dalle posizioni decisionali, relegate a ruoli minori. Per questo oggi secondo me è necessario entrare più nel merito e intervenire sul perché le quote rosa siano spesso uno strumento fine a se stesso: per superare il gap è importante individuare gli strumenti effettivi per abbattere il divario di genere, altrimenti l’accesso - se pur regolamentato - non sarà mai sufficiente per attrarre le donne, in politica come nel management. Più che stabilire una ‘forzata’ quota minima di presenza femminile sarebbe necessario capire come far sì che sempre più donne siano messe nelle condizioni di poter scegliere importanti percorsi professionali e, soprattutto, di mantenerli nel tempo”.
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