Sparsi sul pavimento pacchi di pasta e scatolette di tonno, coperte e due copie di quotidiani con la cronaca dell'evasione. Vicino al giaciglio nella stanza dove i carabinieri lo hanno sorpreso nel sonno una pistola 375 Magnum con il colpo in canna, e alcune dosi di marijuana. Il covo dell'ergastolano Domenico Cutrì, arrestato la scorsa notte dai carabinieri insieme al complice Luca Greco, era una 'tana' senza luce, acqua, gas e servizi igienici in una palazzina di due piani in ristrutturazione all'interno di un cortile in via Villoresi a Inveruno, il paese nell'alto milanese dove viveva l'evaso. Un covo a poca distanza, circa 15 minuti a piedi, dalla casa dei genitori che oggi hanno tenuto per tutto il giorno le tapparelle abbassate e cercando di evitare i giornalisti che dopo l'arresto sono andati a cercarli. ''Non ho niente da dire, non è il momento'', ha risposto, con la voce stanca, il padre rispondendo al citofono. Domenico Cutrì e Greco, uno dei membri del commando che lunedì scorso ha liberato il detenuto con un blitz davanti al Tribunale di Gallarate (Varese) costato la vita al fratello, Antonino Cutrì, erano nascosti nei locali di via Villoresi da almeno tre giorni, dopo aver abbandonato Cellio, in provincia di Vercelli, prima tappa dopo la fuga. Ma nella strada vicino al centro del paese di 8600 abitanti nessuno si sarebbe accorto di movimenti sospetti. I due uomini sono stati bene attenti a non farsi notare, a tenere sempre le imposte chiuse e a non fare rumore, cucinando pasti frugali con un fornelletto da campeggio o nutrendosi di cibi in scatola. A mettere a disposizione l'appartamento è stato un geometra di 35 anni, Franco Cafò, che ieri è stato arrestato dai carabinieri per favoreggiamento e durante l'interrogatorio è crollato, consentendo agli investigatori di rintracciare il covo. L'uomo, conoscente dei fratelli Cutrì, aveva a disposizione le chiavi della palazzina, dove i lavori di ristrutturazione attualmente sono fermi, e ha consentito all'evaso di nascondersi. L'appartamento a Inveruno è uno dei tre covi predisposti dai banditi, che avevano architettato meticolosamente il piano per l'evasione: un appartamento a Gallarate utilizzato come base logistica e deposito per le armi, una villetta a Cellio dove sono stati fermati tre componenti del commando, abbandonata da Domenico Cutrì quando si è reso conto di essere braccato, e infine la palazzina a Inveruno. Il percorso compiuto dall'evaso, dopo la sua liberazione davanti al Tribunale di Gallarate, è rimasto quindi circoscritto nel raggio di 60 chilometri, tra il Piemonte e la Lombardia, dove la scorsa notte è terminata la fuga. Dopo il blitz dei Gis e i rilievi degli inquirenti, i locali sono stati lasciati aperti e sono diventati presto meta di giornalisti, televisioni e anche curiosi. Salendo le scale tra un piano e l'altro, ore dopo, si avvertiva ancora l'odore pungente dei 'flashbang', granate stordenti, sparate durante l'irruzione. "Ho sentito due forti esplosioni, mi sono affacciato sul balcone e quando ho visto i carabinieri armati che circondavano la palazzina ho avuto paura", spiega un pensionato che abita nella casa adiacente al covo. "Una volta ho incrociato un uomo che entrava nel cortile con uno scatolone con generi alimentari &ndash conclude - ma davvero non avrei mai immaginato che l'evaso si fosse nascosto proprio qui".
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