Confermata dalla Cassazione la condanna al risarcimento nei confronti di una banca che nel maggio 2008 aveva fatto acquistare a un cliente "profilato" fin dal 2006, dallo stesso istituto di credito, come investitore a basso rischio con l'obiettivo di "preservare il capitale", circa 100mila euro in obbligazioni nella banca d'affari americana Lehman Brother, gia' prossima al default che deflagro' nel settembre 2008 con la dichiarazione di fallimento. Gli 'ermellini' - con il verdetto 15936 depositato oggi - hanno infatti confermato la decisione con la quale la Corte di Appello di Torino, nel 2014, aveva condannato Intesa Private Banking a pagare al cliente circa 97mila euro piu' interessi e rivalutazione, come stabilito in primo grado dal Tribunale di Aosta nel 2012. Ad avviso della Suprema Corte, non merita obiezioni quanto appurato dai giudici di merito ossia che la banca aveva violato "molteplici obblighi, in primo luogo quello di adeguatezza, posto che il dovere di astensione dell'intermediario, in caso di operazioni non adeguate, deve ritenersi operante con riferimento a qualsivoglia servizio di investimento, ivi inclusa l'ipotesi di mera ricezione di ordini, ed anche nel caso in cui l'investitore abbia gia' effettuato in precedenza operazioni rischiose". Caso che peraltro nemmeno ricorreva in questa vicenda essendo il cliente un investitore molto prudente, che comprava Bot e poco altro. Inoltre, era stata accertata la violazione dell'articolo 21 del Testo unico della finanza (Tuf) in quanto la banca "in violazione dell'obbligo informativo, aveva omesso di segnalare al cliente: sia la natura del titolo oggetto dell'acquisto, sia che l'emittente non era una banca tradizionale, ma si trattava di una banca d'affari statunitense, conseguendone una maggiore volatilita' dell'investimento e, successivamente all'acquisto, neppure aveva segnalato l'aggravamento della situazione di rischio del titolo dovuta alla crisi dei mutui 'subprime', imperante nell'economia statunitense, non esaurendosi l'obbligo informativo nella sola circostanza dell'inclusione del titolo acquistato nell'elenco predisposto dal Consorzio 'Patti Chiari"". Nell'estate del 2008, il correntista dopo aver appreso dai media della piu' che critica situazione in cui versava Lehamn Brothers aveva chiesto notizie in banca, preoccupato del suo investimento, ma si era sentito rispondere dal ragioniere che seguiva i suoi affari che il titolo era "sicuro".
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