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10 Ottobre 2016 - 14:41
Bruno Caccia
L'associazione antimafia 'Libera', fondata da don Luigi Ciotti, non è stata ammessa come parte civile nel processo milanese a carico di Rocco Schirripa, arrestato lo scorso dicembre e accusato di essere l'esecutore materiale dell'omicidio dell'ex procuratore capo di Torino Bruno Caccia, ucciso il 26 giugno 1983. La Corte d'Assise, presieduta da Ilio Mannucci, infatti, nell'escluderla dal procedimento ha spiegato in un'ordinanza che l'associazione è stata costituita nel '95 e, quindi, dopo il delitto al centro del dibattimento.
I giudici, invece, hanno ammesso come parti civili la Presidenza del Consiglio, il Ministero della Giustizia, il Comune di Torino e la Regione Piemonte, chiarendo, in sostanza, che "l'eclatante" omicidio ai danni "di un eminente" magistrato ha provocato danni d'immagine e al funzionamento delle istituzioni. Libera, invece, è stata esclusa perché, come chiarito nell'ordinanza, "non può ritenersi che un fatto anteriore" alla costituzione dell'associazione "abbia creato un concreto pregiudizio" e una "lesione diretta" agli scopi dell'associazione, che si batte per sensibilizzare la società civile al contrasto delle mafie. Si erano già costituiti parti civili nel processo, invece, i familiari di Caccia: due nipoti e i figli Paolo, Cristina e Guido.
Per l'omicidio Caccia è stato già condannato definitivamente all'ergastolo Domenico Belfiore, esponente della 'ndrangheta e ritenuto il mandante dell'omicidio. L'accusa è sostenuta dal pm Marcello Tatangelo, che ha svolto le indagini coordinate anche dal procuratore aggiunto della Dda milanese Ilda Bocassini. In mattinata, la difesa, con i legali Mauro Anetrini e Basilio Foti, ha presentato una serie di questioni preliminari sulle intercettazioni, in particolare, e i giudici decideranno nel pomeriggio. Un'altra udienza è fissata per il 19 ottobre.
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