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ROMA. Caos Pd. Renzi rilancia su governo e rinvia su Italicum

ROMA. Caos Pd. Renzi rilancia su governo e rinvia su Italicum

Matteo Renzi

Un clima così, in era renziana, non si era mai visto. Marianna Madia, ministro, chiede le dimissioni del presidente del partito Matteo Orfini da commissario del Pd a Roma e il vicesegretario Lorenzo Guerini deve intervenire a difenderlo. Roberto Speranza, dalla minoranza Pd, avverte che se "non si inverte la rotta", in Parlamento i bersaniani su misure su temi sociali si riservano di non votare la fiducia. "Parole gravi, che negano l'essere partito", replica sempre Guerini. Ma aumenta anche il pressing per cambiare la legge elettorale. E più in generale, alla vigilia della direzione convocata per l'analisi del voto, tutte le anime Dem tornano a far sentire la loro voce per chiedere, con accenti diversi, un cambio di passo.

Matteo Renzi domani, assicura chi l'ha sentito, non farà sconti, neanche a se stesso. Ma avvertirà anche, come anticipato ieri, che il cambio di passo non può essere una 'rispolverata' di vecchi caminetti con dentro il Cencelli delle correnti. C'è, assicura più d'uno, l'intenzione di rivedere e rafforzare la segreteria, magari con un innesto di esponenti locali. Ma non domani, non come prima risposta alla sconfitta di Roma e Torino.

Domani, spiegano fonti vicine al premier, il discorso sarà "sfidante" sui temi del governo e molto rivolto al Paese. A partire da un rilancio su temi come le periferie e la povertà.

Così come oggi Renzi ha rilanciato sulle energie verdi e sulle rinnovabili. Per "continuare a innovare. Concretamente, passo dopo passo", ha affermato, citando il gobettiano "Energie nove".

Sul tavolo della direzione ci sono però anche temi più "politici", come la legge elettorale. Cambiare l'Italicum "non è un tema all'ordine del giorno", ha detto lunedì il leader Pd. E probabilmente lo ribadirà domani, nonostante aumentino le pressioni di alleati di governo, minoranza Dem ma anche di parte della maggioranza Pd. Renzi, spiegano i parlamentari a lui vicini, non cambia idea sulla legge e non vuole aprire certo ora il vaso di pandora del dibattito sulle modifiche. Ma, osserva più d'uno, la legge elettorale è legge ordinaria e a tempo debito potrebbe essere iniziativa parlamentare modificarlo.

Quanto al referendum (si ipotizza di svolgerlo a ottobre inoltrato, per non contrarre troppo i tempi della campagna) fonti parlamentari segnalano qualche difficoltà organizzativa emersa in fase di raccolta firme e perciò Renzi potrebbe invitare alla mobilitazione, spostando il focus dalle sue dimissioni ("Sono le opposizioni a personalizzare", affermano i renziani), all'elemento del cambiamento e delle governabilità.

Intanto, però, la sconfitta elettorale ha dato la stura al malcontento serpeggiante. Nel pomeriggio si riuniscono i bersaniani di Sinistra riformista e Roberto Speranza, a nome di tutti, ribadisce che l'obiettivo non sono le poltrone ma una "svolta profonda nell'azione del governo, a partire dai temi sociali". La critica resta accesa sulla conduzione del partito, resta la richiesta di cambiare l'Italicum e i toni della campagna referendaria, nonché di convocare subito il congresso.

Ma non è questo il punto ora, sottolinea Bersani. I bersaniani non escludono neanche di assumersi le loro responsabilità in segreteria, ma solo a fronte di una "svolta vera, che al momento non si vede". E perciò continuano a chiedere "tempi certi" per il congresso. Mentre Vasco Errani, tornato sulla scena dopo l'assoluzione piena, chiede di "non fare il gioco delle figurine panini" inserendolo in segreteria ma di aprire "una pagina nuova".

Ma la promessa di Speranza di non votare più la fiducia su provvedimenti non condivisi, non convince Gianni Cuperlo, l'altro azionista della minoranza, che invoca un "rimescolamento" nel congresso. E, mentre al Senato il governo viene battuto, altri segnali di insofferenza emergono nel partito. I Giovani turchi, che chiedono a Renzi di dare prova di saper cogliere il segnale del voto, non gradiscono la richiesta di dimissioni di Madia a Orfini ("Si è messo al servizio dove nessuno voleva andare") e avanzano sospetti sui franceschiniani.

Ma anche un pezzo di minoranza quelle dimissioni le chiede. E domani tutti si aspettano risposte dal premier.

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