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ROMA. Renzi, "basta guerriglia, userò lanciafiamme nel Pd"

"Dopo il ballottaggio entriamo nel Pd col lanciafiamme, lo assicuro". A tre giorni dal deludente primo turno delle amministrative, Matteo Renzi non ammorbidisce i toni. Anzi. Il Pd, ribadisce, "ha problemi: bisogna cambiare qualcosa". L'ex segretario Pier Luigi Bersani sostiene che c'è "una mucca in corridoio", ovvero un problema enorme, che non si può non vedere. Ma non è così, è la replica di Renzi: il Pd è pur sempre, afferma, "il primo partito d'Italia" ed è stupefacente che mentre alla guida del governo prova ogni giorno a fronteggiare problemi "veri" come l'immigrazione, deve subire una "guerriglia interna" di chi dice che "va tutto male".

In serata arriva la notizia di perquisizioni dei carabinieri nei confronti di due candidati del Pd alle amministrative di Napoli. Pesante l'ipotesi di reato: corruzione elettorale. Un nuovo colpo al partito partenopeo, per il quale Renzi già all'indomani del voto aveva annunciato il commissariamento. "A Napoli abbiamo fallito", ha ribadito in serata il premier, prima che emergesse la notizia delle perquisizioni.

In un'intervista a Otto e mezzo, Renzi prova intanto a mettere alcuni puntini sulle 'i'. A partire dalla lettura dei dati di chi, come il M5s, afferma di aver vinto: "Non è così, il Pd è senza ombra di dubbio il primo partito". Di più: "Se oggi ci fosse il ballottaggio" per le politiche "al voto andrebbero il Pd e Fi, non Salvini, nè M5s". Scommette sullo 'schema Milano', insomma, il premier, con i due soggetti moderati al ballottaggio dell'Italicum senza il peso dei "partitini", che sarebbero tagliati fuori dal premio alla lista. Tutti i partitini, incluso Ala: del resto, ribadisce il premier, il tema di un'alleanza elettorale con i verdiniani "non è mai esistito".

Quanto al Pd c'è un problema - a partire dal Mezzogiorno - di classe dirigente. Il che non vuol dire, spiega Renzi, ridurre da due a uno i vicesegretari ma "mettere al centro chi lavora e non chi sta a pensare solo alla propria carriera, mettere al centro chi vuole cambiare l'Italia" e non le correnti che "fanno arrabbiare" i militanti. In cosa consisterà il "lanciafiamme", Renzi lo dirà dopo i ballottaggi. Ma di sicuro, garantisce, non userà lo strumento delle "espulsioni" contro chi, come Bersani, lo attacca dall'interno il partito. La resa dei conti con la minoranza sarà il congresso, dopo il referendum: fino ad allora resta la richiesta di una "moratoria" e di unità per vincere.

L'unità per ora però la minoranza la garantisce solo fino ai ballottaggi: tutti impegnati per sostenere i candidati Pd. Ma nonostante si sia imposto il silenzio fino al giorno dopo le amministrative, Bersani non nasconde il disagio. L'ex segretario difende la lettura del senatore di minoranza Federico Fornaro secondo cui il Pd ha "perso voti" rispetto alle precedenti comunali. E con la metafora della "mucca nel corridoio" fa capire che il problema del partito è enorme. In serata alla fondazione Nens, che fa capo a Bersani e Visco, si riuniscono i parlamentari vicini all'ex segretario per tracciare un bilancio di quel che non va, a partire dall'alleanza a Napoli e Cosenza con i verdiniani. Ma la linea resta per ora non attaccare la 'ditta' e far campagna. L'attacco di Renzi a Bersani è invece sintomo, osserva Miguel Gotor, di "scarsa lucidità".

Renzi non sarà invece al fianco dei candidati sindaco per i ballottaggi, a meno che "non ci sia bisogno": "Non l'ho mai fatta", sottolinea. La vittoria o la sconfitta dei candidati, ha affermato a più riprese Renzi, si gioca ora sulla validità delle proposte. E in base a questo si vince o si perde: perciò anche se il Pd perderà le sfide principali di Roma e Milano il premier ribadisce che non si dimetterà. Perché, non si stanca di ripetere, la sfida del governo è il referendum costituzionale per rendere il "Paese più semplice" e tagliare la "casta e politici". Un messaggio che, ammette, è "fumo negli occhi per una parte del Pd", quella parte del Pd che fa capo a Bersani e attacca ogni giorno, "con costanza e coerenza". 

Campagna elettorale sempre più velenosa in vista del ballottaggio del 19 giugno. La guerra all'ultimo voto scava divisioni dentro i partiti, tra gli alleati e tra gli avversari mettendo tutti a durissima prova. A Napoli i carabinieri hanno eseguito perquisizioni presso le abitazioni e le sedi dei comitati elettorali di 2 candidati del Pd per l'ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata alla corruzione elettorale. Mentre a Roma sono in corso verifiche in 30 sezioni elettorali per anomalie e verbali incompleti.

Nel centrodestra e nel centrosinistra si affilano i coltelli ma Matteo Renzi avverte: se anche il Pd dovesse perdere Roma e Milano non ci sarà alcun riflesso sul suo esecutivo. "Abbiamo già detto che l'esito della permanenza al governo è legata al referendum costituzionale" ripete. Ma intanto impazza la polemica tra i dem e i 5 Stelle su chi abbia vinto il primo turno. "Il Pd è nettamente il primo partito in Italia, senza alcuna ombra di discussione" taglia corto Renzi. "I piddini rosicano perché il M5S è la forza più votata alle comunali: si inventano numeri e dati farlocchi per nasconderlo" attacca il blog di Grillo.

Dentro il Pd, intanto, la temperatura è altissima. Pierluigi Bersani assicura di voler continuare a lavorare per la "ditta" in vista del prossimo voto ma il suo giudizio sul primo turno resta severo: ha "confermato cose che diciamo da mesi. Bastava andare in giro, parlare con la gente... ma non dico nulla fino ai ballottaggi". Su Twitter pubblica tuttavia l'analisi del senatore bersaniano Federico Fornaro che dimostra come alle comunali il Pd abbia perso voti rispetto 5 anni fa. "L'ho fatto per difendere una persona perbene" dopo gli attacchi piovuti sul parlamentare dall'Unità, "..il giornale di Gramsci.." spiega.

E se tutti, a parole, dicono di attendere il 20 giugno per un chiarimento, il segretario del Pd non promette carezze: "nel partito ci entriamo col lanciafiamme dopo il ballottaggio".

Ma non va meglio nel centrodestra. La guerra per la leadership non fa prigionieri e ora anche Alessandra Mussolini, capolista azzurra a Roma con Marchini, semina zizzania. "La mia missione, per volere di Berlusconi, era impedire l'accesso della Meloni al ballottaggio", annuncia dalle colonne del Messaggero.

"Fa un certo effetto vedere una Mussolini vantarsi di una badogliata" replica la leader e candidata di Fdi che, assieme alla Lega, ora pretende una smentita di Forza Italia. Agli azzurri arriva però un inatteso aiuto dal premier: "Se oggi ci fosse il ballottaggio con l'Italicum al voto andrebbero il Pd e Fi, non Salvini nè M5s" dice difendendo allo stesso tempo la legge elettorale e il Pd per l'appoggio di Denis Verdini.

"L'Italicum prevede il premio alla lista e non alla coalizione e io sono stanco delle alleanze con i partitini" sibila.

Nel clima di veleno svetta il battibecco sui numeri elettorali tra Matteo Orfini e i 5 Stelle con il presidente del Pd che, rivolto a Grillo, supera il M5s in fatto di invettive: "inventa falsità per far soldi, fa schifo" dice. Se non bastasse, iniziano a profilarsi anche sospetti di irregolarità se non di brogli nel voto del 5 giungo. A Napoli un video di Fanpage, la stessa emittente che aveva realizzato un reportage sulle primarie, denuncia nuovi casi di vendita di voti. A Roma ci sarebbero almeno 30 sezioni in cui sarebbero state riscontrate anomalie tali da richiedere una verifica più approfondita, o addirittura il riconteggio di tutte le schede, come già fatto in due Municipi romani. Anche a Milano la lista Alternativa Municipale ha deciso di fare ricorso e chiedere il riconteggio dei voti del primo turno.

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