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13 Maggio 2016 - 18:44
C'è chi spera che passi da sola, chi non esce di casa senza una scorta di analgesici o antifiammatori: l'emicrania accomuna ben 7,2 milioni di italiani, più di uno su dieci, e soprattutto donne. Costretti a convivere con un problema invadente che spesso impedisce di avere una vita normale, ben tre milioni di loro abusano di farmaci, mettendo a dura prova fegato e stomaco. Per favorire la diagnosi precoce ed educare a un corretto uso dei medicinali si celebra domani l'ottava Giornata Nazionale del Mal di Testa, promossa dalla Società Italiana per lo Studio delle Cefalee (Sisc), con punti informativi in luoghi pubblici ed iniziative di comunicazione che coinvolgeranno anche le farmacie. In attesa dell'arrivo di nuovi farmaci che promettono di rivoluzionare la vita dei pazienti, ci sono già strumenti efficaci e conoscerli aiuta a evitare che il problema diventi cronico.
Il 62% degli italiani soffre di un qualche tipo di mal di testa, in particolare il 12% di emicrania e il 50% di cefalea tensiva, ovvero dovuta a stress. Eppure in Italia la malattia non è riconosciuta come invalidante dalle istituzioni. "Le tre forme più diffuse, ovvero emicrania, cefalea tensiva e cefalea da abuso o eccesso di farmaci sono insieme al terzo posto in termini di disabilità tra tutte le malattie esistenti. Per questo serve una legge che la riconosca come malattia sociale", sottolinea Paolo Martelletti, presidente Sisc.
Nelle forme severe il mal di testa riduce la capacità a svolgere le proprie attività quotidiane, sociali e lavorative, "costringendo chi ne soffre ad autosomministrarsi antifiammatori e analgesici spesso in modo improprio, cosa che fa ben il 3-4% della popolazione, con conseguenze negative sull'organismo, come ulcera duodenale ed epatite tossica". Per questo, nella giornata del 14 maggio è prevista una campagna informativa a tutto campo, anche con l'aiuto delle farmacie, dove sarà possibile ricevere consigli su una corretta automedicazione. Frequente e sottovalutato, il problema può diventare cronico se non diagnosticato per tempo. Cosa che spesso non avviene. "Il messaggio per i pazienti - spiega Martelletti, che è professore di Medicina Interna all'Università La Sapienza di Roma - Ospedale Sant'Andrea - è che una corretta diagnosi può evitare ripetuti e spesso inutili esami e orientare verso terapie efficaci, in grado di prevenire la naturale evoluzione verso la cronicità".
Intanto la patologia è continuamente al centro di ricerche scientifiche. Le maggiori speranze sono riposte nell'imminente arrivo di quello che è stato impropriamente definito 'vaccino'.
Si tratta di un anticorpo monoclonale ancora in fase di sperimentazione che, iniettato una volta ogni 4-6 settimane, previene l'insorgenza delle crisi emicraniche. In attesa però le armi non mancano. "Per i casi refrattari sono stati utilizzati per un certo periodo di tempo microinterventi chirurgici che non hanno però dato il risultato sperato. Quello che invece funziona per la stragrande maggioranza dei casi cronici - conclude - sono le infiltrazioni sul capo di tossina botulinica, ma solo se somministrate ad alte dosi e da mani esperte".
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