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25 Marzo 2016 - 10:08
sanità
La tubercolosi (tbc) è tutt'altro che 'scomparsa'. Questa malattia infettiva sta invece diventando ''più pericolosa, perchè i batteri che ne sono la causa stanno mutando e sono diventati più aggressivi''. A puntare i riflettori su questo dato ''fortemente preoccupante'' è Alberto Villani, responsabile Pediatria e malattie infettive dell'Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma, che annuncia anche un fenomeno finora inedito: per la prima volta, ora anche i bambini sono divenuti in alcuni casi contagiosi.
''La causa per cui anche i bambini, in una certa percentuale, diventano contagiosi - spiega Villani all'ANSA, in occasione della Giornata mondiale della Tbc che si celebra oggi - è che sviluppano una particolare forma di tbc, quella cavitaria, che è appunto contagiosa ma che, fino a pochi anni fa, era tipica solo degli adulti. In questa forma, il polmone presenta appunto una cavità che rappresenta una sorta di 'covo' per i bacilli, che vengono poi messi in circolo ad esempio con la tosse determinando il contagio''. Il punto, sottolinea, ''è che fino a soli 15 anni fa nessun bambino risultava contagioso. Ora ciò invece si sta verificando, ed il dato è molto preoccupante''. Ma qual è la causa di questo nuovo fenomeno? ''Soprattutto - afferma Villani - la maggiore aggressività sviluppata dai microbatteri responsabili della malattia, ma anche il fatto che alcuni bambini risultano più ricettivi ai batteri stessi, anche se la ragione di ciò non è ancora chiara''. Quanto ai numeri, precisa, ''sono tra 4mila e 6mila i casi totali di Tbc in Italia ogni anno, di cui circa il 15% tra i bambini, pari a 500-1.000 casi l'anno. Tra i casi pediatrici, circa 15 sono quelli contagiosi annualmente. Non sono numeri enormi - chiarisce - ma è grave questa modifica inedita dei batteri e l'insorgere di una nuova forma di contagiosità''. A ciò si aggiunge anche l'aggravarsi del fenomeno della resistenza ai farmaci: ''Finora disponevamo di 4 farmaci efficaci, ma ora registriamo dal 3% al 10% di casi di pazienti resistenti. La conseguenza è che, nei casi più gravi di farmacoresistenza, la sopravvivenza si è abbassata al 10%, contro l'oltre 90% degli anni passati''. Ma il paradosso, denuncia Villani, è che ''oggi abbiamo le tecnologie che, con un semplice esame del sangue o delle urine, ci consentirebbero di capire se un paziente svilupperà una farmacoresistenza e quali farmaci somministrargli in alternativa. Ma anche se tali test avrebbero un costo contenuto, non ci sono al momento i fondi e manca la volontà politica di investire in questa direzione''. Un ''grave errore - avverte Villani - poichè vari segnali confermano che le malattie infettive, come appunto la Tbc, non sono assolutamente scomparse, neanche nel mondo occidentale come erroneamente si pensa. Abbassare la guardia - conclude - potrebbe avere delle conseguenze davvero pesanti''.
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