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ROMA. E' ormai solco tra minoranza Pd e Leopolda

ROMA. E' ormai solco tra minoranza Pd e Leopolda

Matteo Renzi

Ad una manciata di giorni dalla sua pubblicazione, l'appello dei tre sindaci 'arancioni' sembra già lettera morta. La tre giorni della Leopolda e delle 'anti-Leopolde' disseminate in tutta Italia ribadisce le divisioni, pressoché totali a livello nazionale, tra Pd e Sinistra Italiana e, nel frattempo, non attenua di certo le distanze tra maggioranza e minoranza Dem. E oggi, a più di un esponente della sinistra Pd, le parole di Matteo Renzi, che sottolinea come "quelli che ci chiedevano di mettere le bandiere se ne sono andati dal Pd" laddove "noi la bandiera l'abbiamo tatuata nel cuore" sono suonate come un riferimento neanche troppo implicito all'iniziativa di ieri a Testaccio, segnata proprio dal vessillo Dem. Ben più diretta Debora Serracchiani, che prima sottolinea come "non ci sia nessuno che possa sentirsi abusivo e che possa appuntarsi un'etichetta di sinistra perché altri non ce l'hanno" e poi attacca i fuoriusciti: "A chi pensa ci sia spazio fuori dal Pd dico che dovranno assumersi la responsabilità di lasciar spazio ai populismi". Parole che innescano l'immediata replica di Nicola Fratoianni, secondo cui la Leopolda "è il modello di un'Italia che vince a scapito di chi non ce la fa". Simile il tenore di Pippo Civati, che, riunendo "Possibile" a Verona, annuncia la presenza del movimento alle Comunali e su Renzi affonda: "Dileggia e insulta, ormai è fragile". Insomma, l'alleanza di stampo ulivista auspicata da Pisapia, Doria e Zedda, oggi sembra ancor più lontana di qualche giorno fa. E a testimoniarlo è il sostegno certificato ieri a Napoli da SI a Luigi De Magistris, le candidature separate prima di Giorgio Airaudo e oggi del Dem Piero Fassino a Torino, la prospettiva di percorsi divisi anche a Bologna. Scelte che il Pd addebita esclusivamente al "niet delle sinistre dure e pure", come ribadito oggi da Serracchiani. A Milano, invece, l'ipotesi di una sfida alle primarie tra Giuseppe Sala e Francesca Balzati (si rincorrono le voci di un pressing di SI per convincere Majorino a ritirarsi) emerge quasi come plastica conseguenza delle 'piazze' di questo weekend, con Sala sostenuto da Renzi e dalla Leopolda e con Balzani probabile 'nome' delle minoranze che ieri a Testaccio hanno ribadito come, senza di loro, il Pd non possa esistere. Solo a gennaio si andrà al dunque, ma il nodo amministrative già oggi sembra più che insidioso anche perché legato al dibattito sullo stato di salute del Pd. "Il segretario Pd grida tra gli applausi che resterà nel Pd a una manifestazione non del Pd da lui organizzata, c'è grande confusione sotto il cielo", punge su Twitter Miguel Gotor guardando proprio al voto di primavera. "Il nuovo centrosinistra non si costruisce con il Ncd. Renzi ha vinto le primarie dicendo mai più larghe intese, se si vuole superare questo schema, serve un confronto nel partito", sottolinea Nico Stumpo tornando sullo 'spettro' del partito della nazione. Ma la richiesta di un confronto, dalla minoranza, arriva anche sulla coincidenza segretario/premier che "non ha funzionato" e mette un "freno" al partito. Il Pd, incalza un bersaniano, oggi è un po' lasciato a sé stesso. E così "non va".
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