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ROMA. Migranti: Italia frena su hotspot, verso rilancio Cie

ROMA. Migranti: Italia frena su hotspot, verso rilancio Cie

Immigrazione

Gli hotspot possono attendere. Prima l'Italia vuole garanzie precise su rimpatri e relocation. E intanto pensa ad un rilancio dei Cie (Centri di identificazione ed espulsione) che sembravano in via di graduale dismissione. All'indomani del deludente vertice europeo, il ministro dell'Interno, Angelino Alfano, ha riunito in mattinata al Viminale il capo della polizia, Alessandro Pansa ed il capo del Dipartimento Diritti civili ed immigrazione del ministro, Mario Morcone, per fare il punto sulla situazione.

Decisioni operative, a quanto si apprende, non sarebbero state prese al Viminale, visto ancora il clima di incertezza che regna sul tema a Bruxelles come nelle cancellerie europee. E così l'apertura a Lampedusa del primo hotspot (i centri dove le forze dell'ordine italiane, assistite da funzionari delle agenzie europee Easo, Frontex ed Europol, dovrebbero distinguere tra chi ha diritto all'asilo e chi invece va rimpatriato), inizialmente prevista per dopodomani, slitterà. Alfano ha indicato in due mesi il tempo necessario a far partire il meccanismo che, ha tenuto a sottolineare, "insieme agli hotspots deve tenere necessariamente insieme anche la distribuzione dei 24mila richiedenti asilo via dall'Italia, come definito ieri ed i rimpatri dei migranti economici".

L'apertura delle nuove strutture in Italia e Grecia è stata invocata anche oggi da Angela Merkel che ha chiesto un Consiglio europeo straordinario. Il tema, dunque, è incandescente e toccherà al premier Matteo Renzi affrontarlo con i suoi colleghi europei. La posizione di Alfano è quella di chi non vuole restare con il cerino in mano: cioè costretto a trattenere i migranti nei centri come vuole l'Europa, senza che partano quelli destinati ai rimpatri ed alla relocation. Tenendo conto anche dei controlli alle frontiere ripristinati o minacciati da Germania, Francia ed Austria, il flusso che arriva in Italia rischia di non avere sbocchi facendo saltare un sistema d'accoglienza già al limite, con oltre 100mila ospiti. Ed i 24mila eritrei e siriani da distribuire in due anni in Europa non risolvono.

L'ok agli hotspots sarà quindi una decisione politica. Dal punto di vista tecnico, alcune delle 6 strutture indicate (presso i porti di Lampedusa, Pozzallo, Porto Empedocle, Trapani, Augusta e Taranto) sono già pronte per accogliere i funzionari europei. Tra le ipotesi che circolano c'è anche quella di trasformare il discusso Centro per richiedenti asilo di Mineo (Catania) in hotspot. Qui, gli ospiti saranno trattenuti per un massimo di 48 ore. Chi ha diritto entrerà nel circuito dei richiedenti asilo, chi no dovrà essere rimpatriato.

Quest'ultimo numero si annuncia massiccio e, considerando le difficoltà di organizzare i voli di rimpatrio, è sul tappeto la soluzione Cie, caldeggiata dai vertici della polizia. Queste strutture accolgono ora soltanto circa 400 persone e potrebbero essere potenziate per consentire di trattenere gli irregolari in attesa di essere rinviati in Patria.

C'è poi un altro aspetto che preoccupa il Viminale. I profughi che si trovano bloccata la via dell'Ungheria potrebbero piegare verso i confini italiani. Si sta così pensando di potenziare i posti di polizia alla frontiera nordorientale, Gorizia in primis. Peraltro, visto il ripristino dei controlli doganali deciso da Austria e Germania e minacciato dalla Francia, si pone il                 problema di gestire i migranti che saranno respinti alle frontiere. Anche in questo caso è stato deciso un rafforzamento delle forze dell'ordine con eventualmente il supporto di militari.

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