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31 Maggio 2015 - 16:31
Rosy Bindi, presidente dell'antimafia
"Nove mesi fa tutte le forze politiche hanno consapevolmente accettato uno specifico sistema di regole, con l'intento di dotarsi di uno strumento capace di dare concretezza all'esercizio della responsabilità politica e di contribuire a spezzare il legame tra politica, mafia, corruzione e malaffare. Un Codice di autoregolamentazione dei partiti per ridare credibilità alla politica e fiducia ai cittadini elettori. Alla Commissione parlamentare antimafia spettava il compito di controllare l'applicazione del Codice, così come previsto dall'articolo 4 del medesimo e dai poteri conferitegli dalla legge istitutiva". A sottolinearlo in una nota è l'associazione Avviso pubblico, Enti locali, Regioni per la formazione civile contro le mafie, la quale sottolinea che "a dispetto delle migliori intenzioni in queste ore, dopo la pubblicazione da parte della Commissione parlamentare antimafia di una lista di candidati presentati in violazione di tali regole e definiti dalla stampa come "impresentabili", abbiamo assistito ad un vortice di polemiche che sono destinate, ancora una volta, a nuocere alla credibilità della politica, a delegittimare le istituzioni e l'attività della Commissione, ad indebolire la battaglia contro le mafie e la corruzione". "La Commissione parlamentare antimafia, e la sua Presidente in particolare, ha fatto la loro parte - spiega Avviso Pubblico - nella consapevolezza che principi e regole non possono essere disattesi per ragioni di tempo e di metodo che, seppur condivisibili, non potevano impedire di portare a termine il lavoro. Come Avviso Pubblico abbiamo sostenuto, e sosteniamo, il Codice di autoregolamentazione. Ai partiti spetta il compito di rispettarlo e la responsabilità di spiegare le ragioni delle candidature e della non applicazione di alcune delle regole condivise".
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