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03 Novembre 2025 - 14:57
A Torino Nord non servono slogan o piani strategici: basta camminare nel quartiere per capire che la realtà è già un bollettino di guerra quotidiano. Parco Sempione e l’area delle ex piscine Sempione sono diventati da tempo il rifugio dell’illegalità e del degrado. Cumuli di rifiuti accatastati vicino ai cassonetti, vestiti abbandonati sull’asfalto, carrelli rovesciati sull’erba, cancelli trasformati in stenditoi di fortuna, persone che bivaccano sulle panchine come se fossero nel salotto di casa. Un paesaggio urbano che più che una città europea ricorda una zona dimenticata, dove la legge non arriva e il Comune fa finta di non vedere.
I residenti di Torino Nord, ormai stanchi di segnalazioni inascoltate, hanno deciso di agire. Hanno raccolto oltre 1200 firme, hanno documentato con foto e testimonianze il degrado, hanno scritto al Prefetto di Torino denunciando spaccio, droga, prostituzione, sesso a cielo aperto, aggressioni, attacchi di pitbull e furti avvenuti in pieno giorno e sotto gli occhi dei bambini. Poi, come cittadini rispettosi delle istituzioni, hanno chiesto un incontro con l’assessore alla Sicurezza Claudio Porcedda, sperando in un segnale concreto. Ma la risposta, arrivata via mail dalla sua segreteria il 23 ottobre, è stata definita da tutti una non risposta.
Una lettera perfettamente calibrata nel linguaggio della burocrazia: si legge che “la situazione è stata presa in carico e affrontata nel corso dell’ultima riunione del Comitato per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica” e che “sono state individuate le azioni necessarie per potenziare l’attività di controllo”. E poi ancora: “L’amministrazione continuerà a seguire con la massima attenzione l’evolversi della situazione, in stretto coordinamento con la Prefettura e le Forze dell’Ordine”
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. Tutto molto rassicurante, se non fosse che nel frattempo nulla è cambiato.
Mentre le email rimbalzano tra uffici e segreterie, i cittadini convivono ogni giorno con la paura. Paura di attraversare il parco, di lasciare i bambini a giocare, di tornare a casa la sera. Paura che il prossimo episodio possa coinvolgere chi, semplicemente, passava di lì. “Non possiamo più accettare risposte vaghe e prive di contenuti concreti”, affermano i promotori della petizione. “Ci parlano di coordinamenti e di riqualificazioni future, ma qui serve un intervento immediato. Non possiamo aspettare i tempi della politica mentre la nostra zona sprofonda nel degrado e nell’illegalità”.
E non è solo una questione di decoro urbano. È una questione di dignità. Chi vive in quelle strade si sente abbandonato e tradito da un’amministrazione che promette attenzione ma lascia crescere, giorno dopo giorno, una situazione fuori controllo. I cittadini, esasperati, annunciano di essere pronti a procedere per vie legali, perché la misura è colma. Vogliono risposte, ma soprattutto vogliono azioni.



Le foto che arrivano dal quartiere parlano da sole. Sotto il cartello “dossi artificiali” giacciono vestiti buttati sull’asfalto, mentre i cassonetti traboccano di spazzatura e i marciapiedi sono disseminati di sacchi neri aperti, bottiglie, resti di cibo, indumenti. Poco più in là, nel prato che un tempo era un’area giochi, due carrelli della spesa abbandonati si arrugginiscono accanto agli alberi, come monumenti all’incuria. Dietro le recinzioni, lenzuola stese a coprire le finestre trasformano le ex piscine in un accampamento improvvisato. E sulle panchine del parco, gruppi di persone si incontrano, bevono, si scambiano qualcosa, si accendono sigarette: uno spettacolo ormai quotidiano.
Tutto questo nel silenzio di chi dovrebbe intervenire. Da Palazzo Civico si parla di “riqualificazione” e “coordinamento”, ma la realtà è che il quartiere continua a essere ostaggio del degrado, in una spirale che sembra non avere fine. E mentre i cittadini si organizzano per difendersi da soli, il Comune si limita a ringraziarli per “il senso civico dimostrato”.
La verità è che qui, più che senso civico, servirebbe senso del dovere da parte di chi governa. Servirebbe vedere pattuglie, non verbali; decisioni, non promesse; presenza, non protocolli. Torino Nord chiede sicurezza, igiene, rispetto. Ma finora ha ricevuto solo parole. E il problema, come sempre, è che le parole non puliscono le strade, non fanno sparire la paura, e non restituiscono ai cittadini la serenità di vivere nel proprio quartiere.
Insomma, l’amministrazione può anche parlare di “attenzione” e “monitoraggi costanti”, ma i fatti restano lì, tra i cassonetti, tra i rifiuti, tra i carrelli rovesciati e i panni stesi sulle grate. Perché se questo è il modo di “seguire la situazione”, allora sì: Torino Nord è davvero lasciata a sé stessa.
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