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11 Novembre 2025 - 18:05
Un’operazione subacquea imponente, durata dieci giorni, ha liberato i fondali di Genova da una rete fantasma di oltre una tonnellata, impigliata nei resti di una piattaforma petrolifera dismessa tra i 4 e i 45 metri di profondità. La rete, definita ghost gear, continuava a intrappolare pesci e coralli, trasformando il tratto di mare in una zona di morte silenziosa.
L’intervento, uno dei più complessi mai eseguiti nel Mar Ligure, è stato condotto da 17 subacquei del Centro Subacquei Carabinieri di Genova e del Nucleo Subacquei Carabinieri, con il supporto scientifico del WWF Italia e la collaborazione logistica di AMIU Genova, incaricata dello smaltimento del materiale. Il recupero, conclusosi oggi, segna un traguardo importante nel contrasto alla dispersione degli attrezzi da pesca abbandonati, una delle minacce più gravi per la biodiversità marina.
All’interno della rete sono stati rinvenuti resti di numerose specie ittiche – tra cui boga e castagnola rossa – e coralli danneggiati. La massa, del peso complessivo di 1100 chili, è stata tagliata e sollevata a sezioni, issata a bordo delle motovedette dopo un lavoro di precisione in condizioni di visibilità ridotta.
L’operazione rientra nel progetto WWF Ghost Gear, sostenuto dalla Fondazione Segre, che ha l’obiettivo di mappare, recuperare e prevenire la dispersione di attrezzi da pesca nel Mediterraneo, favorendo soluzioni di economia circolare per le reti dismesse.
«Ogni rete recuperata è un pericolo in meno per il mare e un segnale concreto che la collaborazione tra istituzioni, mondo scientifico e settore pesca può fare la differenza», ha dichiarato Giulia Prato, responsabile mare del WWF Italia. «Le reti fantasma sono trappole pericolose che continuano a uccidere per anni e disperdono microplastiche: liberare i fondali dai ghost gear significa restituire un habitat sano alla fauna marina».
Le parole della biologa trovano conferma anche nelle difficoltà operative descritte dai Carabinieri subacquei. «È stato un intervento complesso e ad alto valore ambientale», ha commentato il Colonnello Samuele Sighinolfi, comandante del Centro Subacquei dei Carabinieri di Genova. «La sinergia con WWF, AMIU Genova e GE.AM. ha permesso di agire in sicurezza e in modo efficace, dimostrando come la tutela del mare passi anche da operazioni di questo tipo».
Una volta sbarcato il carico, AMIU Genova ha preso in carico il materiale per avviarne lo smaltimento secondo le procedure per i rifiuti marini, destinandolo al recupero energetico, la forma di valorizzazione più sostenibile oggi disponibile. «Il corretto smaltimento di materiali di questo tipo è essenziale per chiudere il cerchio dell’economia sostenibile», ha spiegato Tiziana Merlino, dirigente Transizione Digitale e Ecologica di AMIU Genova. «Ogni recupero non è solo un gesto simbolico, ma un passo concreto verso un mare più pulito».
I cosiddetti ghost gear – attrezzi da pesca abbandonati o persi – continuano a catturare pesci, tartarughe e mammiferi per anni, trasformandosi poi in microplastiche. Attraverso il progetto WWF Ghost Gear, attivo in Italia e Croazia, sono già state recuperate decine di quintali di reti, coinvolgendo pescatori, subacquei, aziende di riciclo e comunità costiere.
Il WWF invita cittadini, pescatori e operatori del mare a contribuire alla lotta contro questo fenomeno scaricando l’app WWF Ghost Net Zero, che consente di segnalare in modo sicuro la presenza di attrezzi da pesca dispersi. Un piccolo gesto che, unito a operazioni come quella di Genova, può davvero salvare la vita al mare.
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