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Elena, la bambina che affrontò da sola l’orrore dei lager: a Forno un libro e una serata per non dimenticare

La storia di Elena Colombo torna nei luoghi dove fu arrestata, tra memoria, musica e testimonianze

Elena, la bambina

Elena, la bambina che affrontò da sola l’orrore dei lager: a Forno un libro e una serata per non dimenticare

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A Forno Canavese la memoria torna a farsi voce, corpo, presenza. E lo fa attraverso la storia di Elena Colombo, la bambina ebrea di dieci anni che affrontò da sola la deportazione nei campi di sterminio, un unicum nella tragedia della Shoah italiana. Lunedì 8 dicembre, alle 21, l’ex area Obert di via Truchetti accoglierà la presentazione del libro di Fabrizio Rondolino, “Elena. Storia di Elena Colombo, una bambina sola nella Shoah”, un’opera che riporta al centro della narrazione una vicenda rimasta a lungo in un cono d’ombra e che oggi torna a vibrare con la forza di una testimonianza necessaria. Non è un caso che l’iniziativa si svolga proprio in quel luogo: fu lì, esattamente l’8 dicembre del 1943, che la bambina e i suoi genitori furono arrestati dai tedeschi.

L’incontro sarà moderato dalla professoressa Alfreda Da Roit e organizzato dall’Anpi locale con il patrocinio del Comune. La serata non sarà solo un momento di riflessione storica: sarà accompagnata da un intervento musicale degli Amis dal Furn, mentre gli alunni dell’istituto comprensivo di Forno esporranno i loro lavori nella mostra dal titolo “Da Elena Colombo ai giorni nostri: i bambini e la guerra”. Un percorso che intreccia memoria, attualità e sguardo delle nuove generazioni su un passato che continua a interpellare il presente.

Il giorno successivo, martedì 9 dicembre, Rondolino incontrerà gli studenti della scuola secondaria di primo grado dell’istituto comprensivo Guido Gozzano a Rivarolo Canavese. Ed è proprio a Rivarolo che un totem commemorativo ricorda la casa dove Elena e i suoi genitori vissero dal dicembre 1942 al settembre 1943. I Colombo erano sfollati lì per sfuggire ai bombardamenti su Torino, tentando di ricostruire una normalità già fragile. Ma dopo l’8 settembre e l’occupazione tedesca la loro vita cambiò ancora una volta: furono costretti a fuggire, lasciarono Rivarolo e si nascosero in una baita della frazione Milani, sempre a Forno. Qui una targa installata nel 2023 ricorda oggi la loro presenza e la loro cattura.

La cronologia di quei giorni è spietata. L’8 dicembre 1943 i Colombo vennero arrestati. I genitori, Alessandro Colombo e Wanda Foa, furono deportati subito verso Auschwitz. La bambina venne separata da loro e affidata temporaneamente a una famiglia amica, con la quale rimase tre mesi. Ma la persecuzione non si fermò. Anche Elena fu deportata ad Auschwitz, dove trovò la morte il 10 aprile 1944, nel giorno stesso del suo arrivo al campo. Aveva dieci anni e dieci mesi. La madre era stata mandata alle camere a gas non appena giunta al campo, il 6 febbraio. Il padre sopravvisse fino al 30 novembre, senza mai sapere che la figlia lo aveva preceduto.

Nel 2023 la scuola primaria di Forno è stata intitolata alla piccola Elena, e la sua storia è diventata un docufilm Rai, “La cartolina di Elena”, che ha contribuito a portare un pubblico più vasto a conoscere il suo vissuto. Ciò che rende questa vicenda straordinariamente dolorosa è la sua unicità documentata: Elena è l’unica bambina ebrea italiana certa ad aver affrontato da sola tutte le tappe della deportazione, dal nascondiglio al trasporto nel vagone piombato, fino alla selezione all’arrivo e alla camera a gas. Una solitudine imposta dalla brutalità della storia, che oggi le comunità di Forno e Rivarolo hanno deciso di colmare attraverso ricordi, iniziative, studi e testimonianze.

La presentazione del libro di Rondolino assume dunque un valore che va oltre l’appuntamento culturale. È un ritorno nei luoghi dove Elena ha vissuto i suoi ultimi giorni da bambina libera. È un invito a guardare la sua storia non come un episodio lontano, ma come un’espressione concreta di ciò che la Shoah è stata per migliaia di famiglie: uno strappo senza riparazione. Non è memoria liturgica, è memoria viva, che si manifesta attraverso la comunità, la scuola, la cultura e la musica.

Forno, Rivarolo, le montagne dove la famiglia cercò riparo, la casa che li ospitò, la baita che divenne rifugio e infine trappola: tutto torna a parlare in queste sere di dicembre. Parlano i luoghi, parlano le date, parlano le testimonianze ritrovate. Parlano soprattutto gli occhi di una bambina che non ebbe tempo di diventare adulta, ma che oggi diventa un simbolo della vulnerabilità dei più piccoli in ogni guerra, in ogni persecuzione, in ogni forma di odio organizzato.

Elena affrontò da sola l’orrore del lager. Oggi, attraverso libri, film, targe e iniziative come questa, non è più sola. La comunità la accompagna, la ricorda, la racconta, ne porta il nome nelle scuole e nelle piazze. La memoria non restituisce ciò che è stato tolto, ma permette di restituire almeno voce e dignità.

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