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Una chiesa restaurata per ricordare Michela: il dono di un papà alla figlia che non c'è più raccontato a "Monfrà Stories"

Ad Aramengo, sabato 11 ottobre, la proiezione de Il custode della memoria durante Bacchanalia

Una chiesa restaurata per ricordare Michela: il dono di un papà alla figlia che non c'è più raccontato a "Monfrà Stories"

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Ad Aramengo, tra le vigne e le case strette intorno al Municipio, sabato 11 ottobre non si celebra soltanto Bacchanalia, la festa dell’uva. Si celebra la vita. Quella che resiste, che nonostante tutto trova la forza di lasciare un segno. Nella tensostruttura allestita in piazza, andrà in scena l’ultimo episodio della prima stagione di Monfrà Stories: “Il custode della memoria”.

Al centro c’è Franco Dal Bello, restauratore di lungo corso, uomo temprato dal lavoro e dalla perdita. La sua storia intreccia l’arte del restauro e la tragedia più dura: la morte della figlia Michela. Una ragazza che, a 17 anni, aveva già conosciuto l’abisso di un grave incidente. Rialzatasi con una forza che aveva stupito tutti, tornando a una vita normale e avviando un’attività commerciale a Chivasso, la città d’origine della famiglia, dieci anni dopo è stata travolta da una complicazione medica che l’ha condotta a un coma irreversibile. Otto anni sospesa, fino al 18 gennaio 2022, quando si è spenta.

Franco e la moglie Angelina avrebbero potuto rinchiudersi nel silenzio. Hanno scelto invece la strada opposta: trasformare il dolore in un dono alla comunità. Hanno restaurato, gratuitamente, la Chiesa di Sant’Anna (1348), come ultimo atto di Franco prima di chiudere la carriera. Una targa, sulla facciata, ricorderà Michela. Non una lapide: un invito a ricordare.

Ma Franco non si è fermato lì. Ha scelto di farsi portavoce di un tema scomodo e urgente: l’autodeterminazione sul fine vita. Lo ha fatto partecipando a incontri, convegni, mettendo in piazza la propria esperienza senza infingimenti. Perché nessun’altra famiglia debba sopportare la stessa tortura.

Il documentario, diretto da Leonardo Medesani e prodotto con Chiara Gianusso per Roundwood Studios, non si limita a raccontare la vicenda personale. Tocca nervi scoperti: il testamento biologico, la dignità della scelta, la possibilità di decidere per sé. In un Paese che ancora fa finta di non vedere.

La serata ad Aramengo non sarà solo proiezione. Dopo il film, Franco dialogherà con la Cellula Luca Coscioni di Torino, a ribadire che memoria e diritti non sono concetti astratti, ma carne viva. Poi, un momento conviviale, come a dire che la comunità resta, si stringe, resiste.

Intanto, dentro al Municipio, la mostra multimediale di Monfrà Stories racconterà il dietro le quinte di un progetto indipendente, nato per dare voce al Monferrato attraverso le storie di chi lo abita. Un modo per non lasciare che la memoria si perda tra le vigne.

E qui la domanda: quante volte, davanti a una perdita, ci limitiamo a piangere? Franco, invece, ha deciso di ricostruire. Non solo un edificio. Ma un pezzo di dignità collettiva.

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