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Magnifiche Collezioni alla Reggia di Venaria: il secolo d’oro di Genova in cento capolavori

Venaria celebra la grandezza di Genova tra dogi, mecenati e maestri del Seicento

Magnifiche Collezioni alla Reggia di Venaria: il secolo d’oro di Genova in cento capolavori

Magnifiche Collezioni alla Reggia di Venaria: il secolo d’oro di Genova in cento capolavori

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Dal 10 aprile al 7 settembre 2025, la Reggia di Venaria apre le porte a un evento culturale di eccezionale rilievo: la mostra Magnifiche Collezioni. Arte e potere nella Genova dei Dogi.

Un titolo che è già una dichiarazione d’intenti: raccontare, attraverso capolavori assoluti, la magnificenza di una città che tra Sei e Settecento fu teatro di fasto, potere e raffinatezza artistica senza pari. L’iniziativa, curata da Gianluca Zanelli, Marie Luce Repetto, Andrea Merlotti e Clara Goria, nasce dalla collaborazione tra il Consorzio delle Residenze Reali Sabaude e i Musei Nazionali di Genova – Palazzo Spinola e Galleria Nazionale della Liguria, e riunisce un centinaio di opere tra dipinti, sculture, argenti e arredi provenienti da una delle più straordinarie raccolte d’arte italiane.

Il cuore pulsante della mostra è Genova, quella che fu detta “la Superba”, antica repubblica retta dai dogi, città dei palazzi sontuosi e delle famiglie patrizie che gareggiavano per bellezza, prestigio e influenza. Famiglie come i Pallavicino, gli Spinola, i Balbi, i Doria, le cui collezioni private venivano arricchite con acquisizioni, eredità, commissioni prestigiose e viaggi internazionali. Non a caso, nel 1622 Rubens pubblicava a Anversa I palazzi di Genova, lodando l’eleganza architettonica e decorativa della città ligure.

Protagonista assoluto della prima sezione della mostra è Giovan Carlo Doria, autentico principe del collezionismo genovese del primo Seicento. Il suo Ritratto equestre, opera monumentale di Peter Paul Rubens, accoglie i visitatori in un percorso espositivo diviso in sei sezioni che si snodano attraverso le Sale delle Arti della Reggia. Accanto a Rubens, l’inconfondibile tocco di Van Dyck, che ritrae l’infanzia aristocratica di Ansaldo Pallavicino o la fierezza di Caterina Balbi Durazzo, dimostrando la sua incredibile abilità nel fondere psicologia, eleganza e senso scenico.

Ogni sala è un tuffo in un’epoca in cui l’arte non era solo bellezza, ma anche e soprattutto strumento di potere. I capolavori esposti raccontano le rivalità tra famiglie, le ambizioni dogali, il desiderio di eternare prestigio e autorità. Esemplari in tal senso i raffinati oggetti da parata in argento, come i vasi e il bacile decorati con episodi della vita di Cristoforo Colombo, realizzati da argentieri fiamminghi per Agostino Pallavicino come simbolo di indipendenza genovese dallo strapotere spagnolo. Una vera e propria diplomazia visiva, tra propaganda e affermazione identitaria.

La Reggia di Venaria Reale

La mostra si muove poi attraverso i secoli raccontando l’evoluzione del gusto e le influenze europee che plasmarono la scuola pittorica genovese. Spiccano opere di maestri come Orazio Gentileschi, Guido Reni, Luca Giordano, Bernardo Strozzi, Domenico Piola e Gregorio De Ferrari, senza dimenticare i contributi dei fiamminghi e dei francesi. Il Ratto delle Sabine di Giordano, ad esempio, porta con sé tutta la teatralità barocca napoletana, mentre la tela di Hyacinthe Rigaud che ritrae Anton Giulio II Brignole-Sale testimonia l’influenza diretta del gusto “alla francese”.

Ampio spazio è riservato anche alle figure femminili, in particolare nella sezione dedicata alla collezione Balbi, dove il Ritratto di dama in veste di Astrée di Nicolas de Largillière seduce per grazia e ricercatezza, incarnando il gusto rococò e l’arte della rappresentazione mitologica en travestissement. La ricchezza delle collezioni si ritrova nei dettagli: stoffe pregiate, pose eleganti, simboli allegorici e sfondi architettonici che parlano del potere, della fede, del ruolo sociale e dell’amore.

Nel percorso espositivo non manca un affondo sulle vicende museali e collezionistiche del Palazzo Spinola, divenuto Galleria Nazionale nel 1958 grazie alla donazione della famiglia allo Stato. Un’eredità viva, che si arricchisce ancora oggi attraverso acquisizioni pubbliche e private, restituendo al pubblico opere straordinarie come il Sacrificio di Isacco di Orazio Gentileschi o il Ritratto di Stefano Raggio di Joos van Cleve, testimone dei rapporti tra Genova e le Fiandre nel Cinquecento.

Il gran finale della mostra è un epilogo maestoso e malinconico: si chiude con il ritratto del doge Michelangelo Cambiaso di Anton von Maron, che nel 1792 si fa immortalare con l’aria di un sovrano dell’ancien régime proprio mentre l’Europa si prepara alla tempesta rivoluzionaria. La sua immagine, imponente e vestita di gloria, si contrappone alla modernità neoclassica del Ritratto di Paolo Francesco Spinola di Angelica Kauffmann, dove il collezionista si mostra sobrio, intellettuale, quasi consapevole della fine imminente di un’epoca.

Questa mostra non è solo una celebrazione dell’arte, ma un racconto vivido di un’epoca in cui le opere erano strumenti di rappresentazione politica e sociale. È un viaggio nella Genova dei dogi, dove le case erano palazzi, i cittadini erano mecenati e i quadri parlavano di potere, gloria e identità. È anche un esempio di eccellenza museografica inclusiva: l’allestimento è stato pensato per garantire l’accessibilità a persone con disabilità sensoriali e cognitive, grazie alla collaborazione con Fondazione Paideia, Tactile Vision Lab, Unione Italiana dei Ciechi e degli Ipovedenti e Istituto dei Sordi di Torino.

Magnifiche Collezioni è tutto questo: arte, storia, identità, memoria e visione. Un’occasione unica per ammirare opere raramente visibili fuori da Genova e per immergersi in un secolo d’oro in cui la cultura era davvero al centro della civiltà.

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