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Ivrea si prepara a scendere in piazza: “Blocchiamo tutto per cambiare tutto”

Sabato 8 novembre, alle 15 in piazza Ferruccio Nazionale, la città si mobilita per la Palestina. Corteo, musica e parole di lotta contro guerra, sfruttamento e silenzi. A fine manifestazione DJ set con Ivreatronic

Ivrea si prepara a scendere in piazza: “Blocchiamo tutto per cambiare tutto”

Ivrea si prepara a scendere in piazza: “Blocchiamo tutto per cambiare tutto”

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A Ivrea si torna in strada. Non per una sfilata o per il Carnevale, ma per gridare “Palestina libera dal fiume fino al mare”.
Sabato 8 novembre, alle 15, piazza Ferruccio Nazionale sarà il punto di partenza della manifestazione per la Palestina, organizzata dal Comitato Ivrea per la Palestina.
Un corteo che attraverserà le vie del centro – via Arduino, piazza Maretta, il Ponte Vecchio, il Borghetto, via Miniere, piazza Lamarmora, corso Nigra, lungo Dora e via Palestro – per poi tornare al punto di partenza, dove il pomeriggio si chiuderà con un DJ set di Ivreatronic. Sì, proprio loro: i ragazzi che portano la musica elettronica eporediese in giro per il mondo, questa volta in versione militante.

“Blocchiamo tutto per cambiare tutto”, scrivono gli organizzatori, ed è chiaro che non si tratta solo di uno slogan. È una dichiarazione di guerra – politica, simbolica – contro quello che definiscono “il colonialismo interno ed esterno che ci opprime ogni giorno”.
Il comunicato non lascia spazi all’interpretazione: “Israele è nelle nostre città quando ci tolgono il diritto alla casa, Israele è nei tre morti al giorno sul lavoro e nei femminicidi, Israele è nei tagli a sanità, istruzione e trasporti. Israele è nelle spese militari e negli investimenti nell’industria bellica. Israele è la nostra complicità nel rinunciare a una vita migliore qui per investire nel genocidio del popolo palestinese.”

Parole pesanti, certo. Ma a Ivrea il Comitato non ha mai scelto la via comoda.
Il corteo di sabato sarà un passo verso lo sciopero nazionale del 28 novembre, e servirà – dicono – a ricordare che Gaza non è solo un nome sui telegiornali, ma una ferita che attraversa anche le nostre vite. “La Palestina ce l’ha insegnato: la resistenza non è reato”, scrivono ancora, collegando la lotta del popolo palestinese a tutte le forme di oppressione: il precariato, la violenza di genere, la povertà crescente.

E poi l’affondo politico: “La finta pace di Trump rivela la sua ipocrisia imperialista. La finanziaria del governo ci dimostra che il colonialismo è anche qua. È ora di rovesciare il colonialismo interno del nostro sfruttamento e quello esterno delle bombe su Gaza.”
Un linguaggio che non si sente spesso nei comunicati stampa, ma che racconta la rabbia di chi non vuole restare in silenzio mentre le bombe cadono.

Sabato, quindi, Ivrea non sarà solo la città di Adriano Olivetti o della battaglia delle arance. Sarà una città che prova a guardare più lontano, a dire che la pace non è un concetto astratto ma un atto politico.
E quando partirà la musica di Ivreatronic, non sarà una colonna sonora, ma un urlo collettivo contro la guerra, contro il razzismo, contro la normalità del sangue.

Perché come scrivono loro: “La Palestina libera anche noi. E libera il mondo.”

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