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Cronaca
09 Luglio 2025 - 08:34
C’era un centro di raccolta, quello di Acea Pinerolese, nato per servire i cittadini e tutelare l’ambiente. E c’era un gruppo di persone – sette, tutte italiane e marocchine – che da più di un anno lo avevano trasformato nel proprio bancomat personale. Prelevavano materiali di ogni tipo, li stoccavano dove capitava – anche nelle pertinenze delle proprie case – e li rivendevano, senza alcuna autorizzazione, ad impianti di trattamento rifiuti. Il tutto, ovviamente, all’insaputa delle autorità. Fino a oggi.
L’indagine, coordinata dalla Procura della Repubblica di Torino, ha portato a perquisizioni simultanee, sequestri importanti e accuse pesantissime. A entrare in azione, in un’operazione congiunta, sono stati i Carabinieri del NIPAAF (Nucleo Investigativo di Polizia Ambientale Agroalimentare e Forestale), i Carabinieri Forestali di Pinerolo, la Polizia Locale e l’Aliquota Carabinieri presso la Sezione di Polizia Giudiziaria. Un lavoro minuzioso, avviato nel maggio 2023 dopo la denuncia del gestore del centro di raccolta e una pioggia di segnalazioni da parte dei cittadini.
La scena era sempre la stessa: presenze sospette attorno al centro, movimenti continui, materiali che sparivano. Rifiuti ferrosi, RAEE (televisori, batterie, cavi, elettrodomestici), lavabi di metallo. Tutto veniva portato via sistematicamente e trattato in maniera artigianale – ma decisamente abusiva – nei cortili delle abitazioni degli indagati. Poi, il passaggio finale: la vendita all’impianto di gestione rifiuti di Piscina, che ora dovrà rispondere anche di violazioni alle prescrizioni ambientali.
I numeri dell’operazione raccontano la portata del sistema. Sono stati sequestrati: 500 metri quadri di terreno, trasformati in vere e proprie discariche a cielo aperto; un autocarro pieno di rifiuti pericolosi, 9 smartphone e numerosi computer, pieni di documentazione utile alle indagini; oltre 30.000 euro in contanti e 15.000 dinari marocchini, ritenuti proventi delle attività illecite.
E non è finita qui. Durante le perquisizioni, i militari hanno scoperto anche animali da cortile e un cane, rinchiusi in condizioni degradanti e immediatamente affidati a enti di protezione animale. Segno che il degrado toccava ogni livello, ambientale e umano.
Un mondo sommerso fatto di ferrivecchi, mercati neri e traffici clandestini. Dove l’economia circolare diventa affare per pochi, senza alcun rispetto per le regole, la salute e il territorio. Per gli indagati è scattata anche una multa da 3.333,33 euro per l’omessa comunicazione del MUD (Modello Unico di Dichiarazione Ambientale), una delle tante formalità ignorate da chi – secondo gli investigatori – aveva messo in piedi un sistema illegale tanto semplice quanto redditizio.
La Procura torinese ora dovrà stabilire se dietro tutto questo si nascondano anche responsabilità più ampie. Per ora il fascicolo è ancora nella fase delle indagini preliminari, e vige ovviamente la presunzione di innocenza. Ma una cosa è certa: il danno è stato fatto. E lo pagano, come sempre, l’ambiente e i cittadini.
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