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Crimini a Gaza, Barbero rompe gli indugi: la Storia si ribella (VIDEO)

Tra aiuti umanitari e resistenza nonviolenta, la Global Sumud Flotilla sfida il blocco di Gaza: con Alessandro Barbero e decine di intellettuali, l’Europa è chiamata a prendere posizione.

La Storia non si limita a essere raccontata, talvolta la si scrive in presa diretta. È quello che sta accadendo attorno alla Global Sumud Flotilla, l’iniziativa civile e nonviolenta che si prepara a solcare il Mediterraneo con un obiettivo tanto semplice quanto rivoluzionario: rompere l’assedio imposto da Israele a Gaza e restituire dignità a un popolo stremato da anni di isolamento.

A bordo, simbolicamente, ci sarà anche un nome che in Italia non ha bisogno di presentazioni: Alessandro Barbero. Lo storico più popolare del Paese, seguito da milioni di persone per la sua capacità di rendere vivi e comprensibili i grandi eventi del passato, ha scelto di schierarsi apertamente. Non con un saggio, non da una cattedra universitaria, ma con un appello pubblico: “Che il mondo assista tutti i giorni ai crimini del governo israeliano senza quasi reagire è una cosa di cui ci vergogniamo e ci vergogneremo ancora di più in futuro”. Parole che pesano, soprattutto se pronunciate da chi conosce bene le ferite lasciate dalla Storia.

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La Flotilla, che in arabo porta il nome di Sumud – “resilienza” – salperà in due tranche: il 31 agosto da Barcellona e dai porti del Nord Italia, e il 4 settembre dalla Tunisia e dal Sud Italia. Non una provocazione militare, ma un gesto di resistenza pacifica: barche civili, cariche di aiuti umanitari, di cibo e medicinali, dirette verso una popolazione costretta a vivere sotto assedio in condizioni che le Nazioni Unite e numerose ONG definiscono ormai “catastrofiche”.

Il sostegno di Barbero non è isolato. Con lui ci sono scrittori, artisti, intellettuali e attivisti di varia provenienza. Zerocalcare, ad esempio, ha da tempo legato il proprio nome alla causa palestinese, raccontandone le contraddizioni e i drammi attraverso i suoi fumetti. Giornalisti, giuristi e associazioni umanitarie hanno aderito all’iniziativa, convinti che il silenzio sia diventato complicità.

Sul piano politico, la Flotilla riapre un dibattito che l’Europa preferisce tenere sottotraccia: fino a che punto è possibile continuare a intrattenere rapporti economici e diplomatici con Israele senza porre condizioni chiare sul rispetto del diritto internazionale? Già lo scorso anno, in un appello firmato da oltre cento personalità italiane, si chiedeva di sospendere l’accordo di associazione UE–Israele e di applicare sanzioni proporzionate alle violazioni sistematiche dei diritti umani. Oggi, quell’appello trova un seguito concreto, con navi che partiranno davvero, sfidando l’indifferenza e il rischio di blocchi in mare.

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L’iniziativa non è nuova. Già nel 2010 la Freedom Flotilla tentò di forzare il blocco navale, finendo però in tragedia con l’assalto delle forze speciali israeliane che provocò la morte di nove attivisti. Da allora, ogni spedizione è carica di tensione e incognite. Eppure, la Global Sumud Flotilla insiste: la nonviolenza è più forte delle armi, è il messaggio che si vuole trasmettere.

L’adesione di Barbero ha un valore simbolico potente. Non è soltanto il consenso di un intellettuale stimato, ma il richiamo di uno storico che legge nel presente le stesse dinamiche che hanno segnato le pagine più oscure del passato. È come se dicesse: attenzione, ciò che stiamo accettando oggi verrà ricordato domani, e non potremo dire di non aver visto.

Il Mediterraneo, culla di civiltà e commerci, diventa così teatro di una nuova narrazione: quella di cittadini europei che non vogliono arrendersi all’idea che Gaza resti una prigione a cielo aperto. La Flotilla non cambierà da sola gli equilibri geopolitici, non fermerà i bombardamenti né metterà fine a decenni di conflitto. Ma potrà accendere i riflettori, scuotere le coscienze, costringere governi e istituzioni a prendere posizione.

Ed è proprio qui che la voce di Barbero si unisce alle altre: non un atto di eroismo, ma un atto di responsabilità. Perché la Storia, quella vera, non è fatta solo di re e battaglie, ma anche di cittadini che decidono da che parte stare.

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