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Appesi al ponte contro il caldo assassino: “È crisi climatica, non estate”

Due attivisti di Extinction Rebellion si calano dal ponte della Gran Madre con uno striscione shock. Mentre Schillaci nega l’aumento dei morti, Torino brucia, i ghiacciai si sciolgono e Bardonecchia affonda nel fango

“Non è caldo, è crisi climatica”: è questo il messaggio – letteralmente – calato oggi pomeriggio da due attivisti di Extinction Rebellion dal ponte Vittorio Emanuele I a Torino. Imbragati, sospesi tra il cielo bollente e le acque del Po, hanno esposto un gigantesco striscione per scuotere le coscienze e gridare, una volta di più, che non stiamo vivendo una semplice estate torrida. Stiamo vivendo una crisi climatica. E la politica, secondo loro, fa finta di niente.

Mentre lungo i Murazzi altri attivisti distribuivano ventagli di carta, simbolo ironico ma drammaticamente reale della disparità sociale di fronte al caldo estremo, la città si fermava a guardare l’azione. E qualcuno a riflettere. “I ventagli sono per alcune persone l’unica difesa contro questo caldo estremo, perché non tutti possono permettersi il condizionatore o di andare a rinfrescarsi nella seconda casa”, spiega Elsa, presente sul posto. “Per contrastare l’emergenza climatica servono misure collettive e sistemiche”.

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Un’azione eclatante, ma sostenuta da dati allarmanti. Il giugno 2025 ha portato con sé temperature record: 38 gradi a Torino, 3°C sopra la media degli ultimi trent’anni, con notti tropicali che non sono mai scese sotto i 23 gradi. Lo zero termico ha superato i 5000 metri già a giugno, un fatto inedito che ha messo a rischio l’intero arco alpino, accelerando la fusione dei ghiacciai. E mentre Milano risultava la città più colpita d’Europa dall’ondata di calore – con oltre 2.300 morti stimati nel continente, di cui due terzi direttamente collegati al cambiamento climatico – il ministro della Salute Orazio Schillaci si è affrettato a dire: “Non stiamo notando un’aumentata mortalità”.

Una dichiarazione giudicata da Extinction Rebellion come la dimostrazione di una cecità politica. “Senza un’informazione corretta, l’emergenza caldo diventa emergenza democratica”, incalzano gli attivisti. E mentre i black-out si moltiplicano per via della rete elettrica surriscaldata, causando disagi e danni economici, la montagna restituisce l’immagine più crudele dell’inadeguatezza delle risposte istituzionali: a Bardonecchia, il Rio Frejus è esondato portando fango, distruzione, una vittima e l’ennesimo segnale ignorato.

La denuncia, forte e chiara, arriva anche da Alessandro, attivista XR: “Le misure emergenziali non bastano. Non possiamo accettare di vivere in costante crisi. Mentre il Governo destina 31 miliardi alle spese militari e solo mezzo miliardo al contrasto ai cambiamenti climatici, la Regione segue a ruota. Di quale sicurezza stiamo parlando?”

Extinction Rebellion, ancora una volta, ha scelto il linguaggio delle azioni nonviolente e spettacolari per richiamare l’attenzione su una realtà che sembra ormai diventata normale, anestetizzata dai bollettini meteorologici e dai condizionatori d’aria. Ma sotto quei gradi in più c’è una crisi sistemica, sociale e ambientale, che avanza inesorabile.

E chi oggi si è trovato a camminare sul ponte o lungo il fiume, tra i ventagli di carta e le temperature roventi, forse per un attimo ha sentito il peso di quella domanda: è davvero solo caldo? O è qualcosa di molto più grande, che stiamo scegliendo di ignorare?

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