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Cronaca

Esondazioni nel Torinese: mille ettari distrutti, milioni di euro in fumo

I danni maggiori si concentrano nei territori di Strambino, Vestignè, Vische, Fiorano, Pavone, fino a interessare tutta la piana del nodo idraulico di Ivrea

Le violente esondazioni che stanno flagellando il Piemonte colpiscono duramente il settore agricolo, in particolare nel Canavese, Ciriacese, Bassa Valle di Susa, Val Sangone e Pinerolese. Secondo una prima stima, sono circa mille gli ettari di coltivazioni andati perduti in tutta l’area metropolitana di Torino.

La Dora Baltea è tracimata allagando oltre 500 ettari di campi appena seminati a mais, cancellando in poche ore settimane di lavoro e investimenti. In alcuni casi, come a Strambino, la piena della Dora Baltea e del Chiusella ha costretto gli agricoltori a evacuare anche le stalle, mettendo in salvo il bestiame. I campi risultano sommersi da oltre tre metri d’acqua, carichi di sedimenti e fanghiglia che impediranno per giorni qualsiasi tipo di lavorazione.

I danni maggiori si concentrano nei territori di Strambino, Vestignè, Vische, Fiorano, Pavone, fino a interessare tutta la piana del nodo idraulico di Ivrea. Ma la mappa dell’emergenza si allarga ora dopo ora.

Anche il Malone è esondato, con effetti ancora più devastanti: oltre all’allagamento, il torrente sta erodendo i terreni agricoli, trascinando via semi appena interrati e riducendo i campi a un paesaggio lunare.

Gravi criticità si registrano anche lungo il corso dell’Orco e dei suoi affluenti, tra cui la Malesina, e nel basso corso della Dora Riparia, dove sono sommersi i terreni della piana agricola tra Caselette e Alpignano. Ulteriori segnalazioni di campi allagati arrivano da Druento e ancora da Caselette. Nel Pinerolese, è il Lemina a uscire dagli argini, allagando vaste aree coltivate a mais.

«È ancora presto per una stima definitiva dei danni», avverte il presidente di Coldiretti Torino, Bruno Mecca Cici, «ma già ora possiamo ipotizzare una perdita superiore ai 2 milioni di euro solo per le coltivazioni distrutte. Se si aggiungono i costi delle risemine, del ripristino dei terreni e delle strade interpoderali, i danni potrebbero facilmente triplicare».

campi

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Una delle criticità maggiori riguarda il momento in cui è arrivata l’ondata di piena. «I campi erano appena stati seminati a mais, oppure ospitavano colture in crescita come grano e orzo. Il seme appena posato viene dilavato dalla pioggia, marcisce dove l’acqua ristagna, mentre le piantine già spuntate rischiano di asfissiare per la permanenza prolungata sotto il fango», spiega Mecca Cici.

La situazione si aggrava con l’erosione dei terreni agricoli, le frane, la distruzione della viabilità rurale e l’allettamento delle coltivazioni: «Le giovani piante, appesantite dall’acqua e piegate dal vento, sono destinate a marcire. È un disastro che colpisce non solo l’economia ma anche la speranza di chi lavora la terra ogni giorno».

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