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Smettere di credere alle favole di Elena Piastra. C'era una volta un ponte...

Promesse, dirette Facebook e rendering da sogno: il ponte ciclo-pedonale annunciato un anno fa è sparito nel nulla. Al suo posto, barriere alte otto metri a dividere la città

C’era una volta una promessa elettorale, narrata con enfasi e solennità sulle onde di Tele Piastra – alias la pagina Facebook della sindaca Elena Piastra. Un anno fa, con lo sguardo ispirato e il tono da leader visionaria, la prima cittadina annunciava un’infrastruttura destinata a rivoluzionare Settimo Torinese: un ciclo-cavalcavia tra la Collinetta dell’Assietta e via Solferino. Un ponte per biciclette e pedoni che avrebbe sanato le divisioni urbanistiche, unito quartieri e proiettato la città nel futuro.

Un progetto epocale, stando alle parole della sindaca. Peccato che, un anno dopo, di questa rivoluzione urbanistica, di questa visione da aggiungere alle tante altre visioni, non vi sia traccia. Nessun cantiere, nessuna ruspa, nessun cartello con il classico annuncio di “Lavori in corso”. Solo una diretta Facebook persa nel grande archivio delle illusioni politiche.

Oggi, chiunque passi in zona può constatare che la collinetta e via Solferino restano separate esattamente come lo erano secoli fa. Il ponte, che nella narrazione della sindaca sembrava ormai a un passo dal taglio del nastro, è un fantasma che aleggia solo più nei racconti di qualche illuso.

La storia è sempre la stessa: Elena Piastra annuncia, i cittadini ascoltano e mettono "mi piace". Brava Elena. Sei tutti noi Elena. Continua così Elena. La migliore sindaca del mondo.

Poi la realtà si impone con la solita brutalità: niente lavori, niente progetti concreti, niente di niente.  Se ne parla oggi, si ironizza domani, e intanto la città rimane quella di sempre, con meno connessioni e più disillusioni.

Se il ponte non c’è, c’è però qualcosa di molto più concreto a ridisegnare il panorama urbano: le barriere antirumore di Rete Ferroviaria Italiana (RFI). Con un progetto avviato nel novembre 2024, sette chilometri di barriere alte fino a otto metri stanno per trasformare Settimo in un labirinto di cemento e divisioni.

E qui il paradosso si fa grottesco: da un lato, l’amministrazione predica connessioni urbane e mobilità sostenibile; dall’altro, accetta un’infrastruttura che divide, isola e altera il paesaggio cittadino senza colpo ferire. I residenti, nel frattempo, si interrogano su quale sia la visione per Settimo: una città moderna o un mosaico di compartimenti separati, più vicina a un esperimento di segregazione urbana che a un modello di sviluppo intelligente.

Insomma, mentre il ponte fantasma resta una pagina sbiadita delle vecchie dirette social, mentre l’interramento della ferrovia si configura come un’utopia buona solo per i discorsi elettorali, l’unica certezza è che le promesse evaporano con la stessa rapidità dei video su Facebook.

E i cittadini? Possono solo aspettare. O, più saggiamente, smettere di credere alle favole di Elena Piastra.

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