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Personaggio

Antonio, il ragazzo prodigio che rivoluziona il doppiaggio italiano

Video intervista al 21enne cresciuto nel quartiere di Khaby Lame, grande appassionato di cinema e di film

Forse non tutti sanno che a Chivasso c’è un ragazzo, di appena 21 anni, cresciuto nel quartiere borgo Sud Est, quello per intenderci reso famoso nel mondo dal tiktoker Khaby Lame, che sta dando un prezioso contributo alla storia del cinema. Italiano e non solo. Questo ragazzo è Antonio Viola.

"Sono un appassionato da sempre di cinema e di storia e in particolar modo di doppiaggio e mi occupo principalmente di questo - si presenta Antonio Viola -. Quindi realizzo alcuni doppiaggi, mi occupo soprattutto di direzione del doppiaggio più che di doppiaggio in senso stretto. Per quanto riguarda invece la parte storica, sono uno storico locale, membro del consiglio direttivo già da tanti anni della Società Storica Chivassese del professor Spegis e pubblico alcuni articoli su Chivasso e dintorni, soprattutto in epoca contemporanea. Ne ho fatto uno di discreto successo su Chivasso nella Belle Époque qualche anno fa, prima del Covid".

Antonio, riavvolgiamo un attimo il nastro. Hai lavorato con alcuni dei più grandi nomi del doppiaggio italiano, come Carlo Reali, Vittorio Stagni e soprattutto Elio Pandolfi. Come ha influenzato il tuo percorso lavorativo e artistico il tuo rapporto con Pandolfi?

Beh, praticamente in tutto. L'ho conosciuto quando ero molto piccolo e lui già abbastanza anziano. Elio era del '26, quindi oggi avrebbe quasi 100 anni. Era una persona veramente elegante, umile, nonostante fosse un attore di fama nazionale. È stato uno dei primissimi ad apparire in televisione, proprio nel '54, quando è nata la televisione. Era un numero uno. Io lo stimavo moltissimo e quindi seguivo quello che lui faceva cercando di apprendere il più possibile. E lui ha sempre avuto, lo dico veramente - mi faccio molto vanto di questo - sempre un occhio di riguardo nei miei confronti. Mi chiamava e abbiamo sviluppato una specie di rapporto nonno-nipote. Se io non lo chiamavo per qualche giorno, lui mi chiamava arrabbiato dicendo: "Ma come mai non ti sei fatto sentire? È successo qualcosa?". L'ho seguito fino all'ultimo, fino praticamente a pochi giorni prima della sua scomparsa. È stato veramente il perno, insieme anche agli altri che hai citato, Vittorio Stagni, Carlo Reali e ne aggiungerei un altro, Pino Colizzi. Sono stati i miei mentori, ma lui in primis, senza togliere nulla agli altri, è stato quello che poi ha dato le fondamenta anche del mio pensiero storico. 

Ecco, mi ha colpito una cosa leggendo la tua biografia. Nel 2014 quanti anni avevi?

Avevo 11 anni.

Antonio Viola e Bruno Segre

11 anni, quindi. Tu a 11 anni hai iniziato a raccogliere testimonianze storiche dei primi del Novecento attraverso una serie di interviste. È un po' presto, no, per iniziare ad interessarsi del Novecento? Insomma, di solito i ragazzini di 11 anni hanno altri interessi. Qual è stata la storia, l'intervista che ti ha appassionato di più, che ricordi con più passione e sentimento?

Beh, allora. Innanzitutto ti dico che sì, effettivamente è un po' presto, ma era l'unica occasione per uno della mia generazione di conoscere quella generazione, perché parliamo proprio del periodo del primissimo Novecento. Io sono nato 90 anni dopo. Già i miei nonni sono giovani per farti capire, già si parla di dopo prima guerra mondiale. E quindi dovevo cominciare a quell'età, altrimenti non avrei mai potuto avere a che fare con loro. Ho cominciato intervistando, naturalmente essendo nella zona, molti partigiani, ma anche nonni di miei amici, magari novantenni. Però sai, ho avuto un momento, ho ancora l'intervista audio di una persona che purtroppo non c'è più, alla quale io chiedo come prima domanda, sempre nelle mie interviste, luogo e data di nascita, e questa persona mi risponde: "Non ricordo il giorno, ma 1908." Quando mi disse questo aveva più di 100 anni, io mi sono veramente emozionato perché mi trovavo a parlare con una persona di un altro mondo, in tutti i sensi. Lì mi sono molto emozionato. Oppure, come personaggio, sicuramente Bruno Segre, che è stato un grandissimo nel torinese. E' mancato quest'anno a 105 anni. Sono andato a trovarlo a casa, mi ha ospitato, e lì, anche lui era del '18, pensa. L'ho incontrato due anni fa, l'ho chiamato, lui sapeva che io avevo scritto delle cose su Chivasso, mi fece molto onore la cosa e disse: "Io vorrei parlare un pochettino con lei a quattro occhi, se possibile." Sono andato a trovarlo fino a Torino e siamo stati un pomeriggio assieme, e lo ricordo con molto affetto. Mi ha emozionato soprattutto questo: le loro date di nascita, perché vogliono dire tanto, hanno visto tanto.

Antonio Viola in studio di registrazione

Tu sei un millennial, giusto?

Sì, sono un millennial, ma con un interesse spiccato per il secolo scorso. Penso che quella generazione abbia avuto il privilegio di vivere tanto, no? Ci sono diverse "zone blu" nel mondo, dove ci sono molti centenari, ultracentenari. In Sardegna, per esempio, ci sono molti centenari in uno stesso paese. Io la trovo un'opportunità perché queste persone hanno visto tante cose belle e brutte. Noi spesso tendiamo a definirle ignoranti perché magari sbagliano i verbi o non sanno quello che per noi oggi è la cultura. Ma loro sanno fare tante cose che noi abbiamo perso. Io non cerco di copiarli, ma li ammiro perché hanno visto veramente tanto. E sembra che io attiri queste persone, perché magari mi siedo su una panchina in un viale e loro si siedono accanto a me e iniziano a parlare. Io non posso non emozionarmi ogni volta, perché ognuno ha una storia diversa.

Progetto "It Takes Two": Nel 2023 hai pubblicato un intero film doppiato in onore di Elio Pandolfi. Puoi raccontarci come è nato questo progetto e quali sono state le sfide principali che hai affrontato nella sua realizzazione?

È iniziato come un gioco, perché c'è questo mio amico che si occupa di grafica e di mixage, che vive in Calabria. Per scherzare, avevamo giocato insieme a questo titolo, ci era piaciuta la trama. Era molto bella, parlava di un divorzio e di una figlia che soffriva per amore dei genitori. Poi, tutto in una specie di cartone animato molto fantasioso. Abbiamo deciso di doppiarlo in italiano e ho colto l'occasione, visto che c'erano tantissimi personaggi in questo film, di chiamare dei doppiatori di un certo spessore. Inizialmente dovevano essere due o tre guest star, ma poi sono diventati la totalità del doppiaggio. Volevo che partecipassero prevalentemente persone che avessero avuto a che fare in larga parte con lui. È stato molto difficile perché avevamo anche delle cose da fare nella vita di tutti i giorni, quindi lavoravamo di notte per questo progetto. La soddisfazione finale è stata quella di mostrare al grande pubblico la mia figura, perché sono sempre stato in ombra in questo mondo. Conosco tutti, ho molti amici in questo ambiente e non avevo mai avuto l'occasione di fare il direttore del doppiaggio. Sono contento di aver dato quella chiamata a voci molto importanti, come Carlo Reali, che oggi ha 94 anni, voce di Michael Keaton e altri personaggi famosi. Lui è ancora attivo e ha molta grinta, ma non viene più chiamato per dare spazio ai più giovani. Sono contento di aver dato loro quell'opportunità lì che spero non sia l'ultima.

Sei considerato uno dei massimi esperti della storia del doppiaggio londinese. E' corretto?

Sì, e ho contribuito alla ricostruzione della storia del doppiaggio Disney degli anni '40 e '50.

Spieghi, per cortesia, a noi profani cosa significa?

Il doppiaggio londinese è un fenomeno ai più sconosciuto. Tutti i videogiochi e gli spot televisivi, le voci al supermercato, le segreterie dei telefonini, anche quello è doppiaggio. Noi non ci pensiamo mai, ma grandi doppiatori per un periodo si sono un po' rifiutati di fare queste cose, anche i videogiochi. Negli anni '90 erano una cosa pionieristica, quindi i doppiaggi venivano fatti a Londra da attori italiani. È una cosa che era semi sconosciuta. Ho conosciuto questi attori e ho scoperto questa branca del doppiaggio che mi piace tantissimo. Oggi si è un po' globalizzata la cosa, ma una volta tutte le voci dei canali della televisione erano fatte a Londra. Ho reso alla portata di tutti questa cosa. Sto anche pensando di scrivere un libro su questo argomento. Per quanto riguarda il doppiaggio Disney, la grande maggioranza delle voci era stata individuata da Nunziante Valoroso, un grandissimo esperto Disney. Ma alcune voci degli anni '40 non erano mai state localizzate, soprattutto quelle dei bambini. Per esempio, chi doppiava Pinocchio, che aveva 8-9 anni? Ho scoperto nel 2020 che Luciano De Ambrosis aveva doppiato Bambi nel '45 durante la guerra. È stato emozionante scoprire queste cose e ho dato una mano al completamento per il doppiaggio Disney.

In questa chiacchierata, il filo conduttore che lega il tuo interesse per l'inizio del Novecento e il lavoro nel mondo del doppiaggio cinematografico è un forte interesse per la storia. A quale progetto stai lavorando ora? Puoi darci un'anticipazione?

Ci sono due cose in uscita. Dei corti inediti dei Looney Tunes degli anni '40 e '50, doppiati non solo in italiano ma dalle voci storiche del passato, che stanno avendo molto successo. Un'altra anteprima è un progetto di lettura di poesie e testi scritti da me, letti non solo da doppiatori professionisti ma anche da personaggi del mondo dello spettacolo nazionale. Sarà una cosa entusiasmante.

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