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27 Giugno 2024 - 19:57
Maurizio Pitti, vigile urbano a Ivrea, ce l’ha fatta. E’ arrivato alla meta della sua epica impresa: la Trans America Bike 2024.
In 26 giorni 9 ore e 27 minuti è giunto nella cittadina di Yorktown, affacciata sull’Oceano Atlantico, sotto l’imponente obelisco che la rappresenta e sotto il suo gigantesco ponte.
“È finita finalmente - scrive e commenta - numerosi acciacchi, tanta fatica, alcuni momenti di difficoltà, la crisi finale, l’assenza di forze, qualche lacrima, tanta felicità. Ma è finita! Ora non resta che riposare e tornare in Italia con la consapevolezza di aver vissuto un’esperienza, un viaggio, un’avventura, una gara, di quelle che ti toccano, ti segnano, ti restano dentro. Vorrei raccontarla ma non so se riuscirò. Lory arrivoooooo!!!! Ciao a tutti!”.
Quando Pitti ha deciso di partecipare alla Trans America Bike 2024, sapeva che sarebbe stata un’impresa titanica. 7.000 km e 55.000 metri di dislivello, tutto in solitaria e in completa autonomia. Ma per lui, questa non era solo una gara; era una sfida contro se stesso, una prova del suo spirito indomabile e della sua passione per il ciclismo.
“Questa è la mia Everest,” diceva consapevole delle difficoltà che avrebbe incontrato.
Il 2 giugno, insieme a una cinquantina di ciclisti provenienti da tutto il mondo, Pitti è partito da Astoria sulla costa del Pacifico sotto un cielo grigio che prometteva pioggia. Dieci Stati sul percorso e sfide che avrebbero spezzato chiunque, ma non lui.
“Alle 6 partenza e alle 6 inizia a piovere per poi diventare diluvio,” scrive Pitti sul suo profilo Facebook.
Nonostante le intemperie, ha percorso oltre 200 km, trovando riparo per la notte sotto una tettoia in un parco. Questa era solo la prima di molte notti passate in condizioni spartane, ma la sua determinazione non ha vacillato.
Nei giorni successivi, Pitti ha affrontato le prime salite significative, tra cui il monte McKenzie a 1600 metri. Le strade sembravano infinite e le condizioni meteo spesso ostili, ma la bellezza dei paesaggi lo ripagava di ogni sforzo.
“Salite con pendenze 4/5/6% lunghe, lunghissime, infinite, di 30, 40, 50 km. Alla sera sorpresa, un ostello sulla strada aspettava tutti i corridori che arrivavano lì per dargli una pasta e da dormire,” racconta.
Dopo aver attraversato l’Oregon, Pitti è entrato in Idaho, superando i primi 1000 km. Il caldo del pomeriggio e le salite dure non gli hanno dato tregua, ma ogni giorno aggiungeva un altro tassello al suo viaggio.
“Il bel tempo aiuta a fare strada, certo il caldo no: stamattina partito con 7 gradi oggi nel primo pomeriggio 37,” aggiorna il diario del suo viaggio mostrando la sua incredibile capacità di adattamento.
L’attraversamento del Montana e del Wyoming ha rappresentato uno dei tratti più difficili ma anche più affascinanti del viaggio. Foreste sterminate, praterie sconfinate e salite impegnative hanno messo a dura prova le sue forze.
“Qui la natura è maestosa, sembra quasi un paradiso. Certo è dura, distanze elevate tra un paese e un altro, continue montagne…ma la bellezza della natura è inspiegabile,” racconta con ammirazione.
Uno dei momenti più temuti del viaggio è stato il Kansas, con i suoi venti incessanti e le temperature torride.
“Kansas, quanto ti ho aspettato e temuto. Ti sei presentato in tutta la tua dura realtà fatta di temperature che arrivano ai 40 gradi, fatta di forte vento continuo e costante che asciuga anima e corpo,” descrive Pitti. Nonostante la monotonia del paesaggio e la fatica crescente, ha continuato a pedalare, spinto dalla forza di volontà e dalla determinazione di raggiungere l’Atlantico.
L’ingresso nel Missouri e poi nell’Illinois ha segnato un cambiamento nel paesaggio e un po’ di sollievo dalle difficoltà del Kansas.
“Qui in Missouri non ci sono 100 metri di strada pianeggiante, oggi tutti sali scendi ripidissimi, brevi ma ripidissimi,” scrive. Le colline verdi dell’Illinois gli hanno offerto un paesaggio più familiare e un po’ meno impegnativo.
Gli ultimi stati attraversati, Kentucky e Virginia, hanno portato nuove sfide. Le salite degli Appalachi erano l’ultimo grande ostacolo prima dell’arrivo.
“Mancano all’arrivo qualcosa come 750 km, pochi, tanti? Dipende, per me tantissimi perché sono davvero stanco,” confessa Pitti. Ma anche in questi momenti di estrema stanchezza, non ha mai perso di vista il suo obiettivo.
Maurizio Pitti ha dimostrato che con determinazione, passione e resilienza si possono superare anche le sfide più ardue. La sua impresa non è solo una vittoria personale, ma un esempio di coraggio e forza di volontà per tutti.
Una traversata geografica, ma anche un viaggio interiore che ha ispirato e continuerà a ispirare molti. Buon “ritorno a casa”, Maurizio, e grazie per averci mostrato cosa significa veramente sognare in grande.
"Mancano all’arrivo qualcosa come 750 km, pochi, tanti? Dipende, per me tantissimi perché sono davvero stanco," confessa Pitti. Ma anche in questi momenti di estrema stanchezza, non ha mai perso di vista il suo obiettivo.
Maurizio Pitti è ormai a un passo dalla realizzazione di un sogno che sembrava impossibile. Ha dimostrato che con determinazione, passione e resilienza si possono superare anche le sfide più ardue. La sua impresa non è solo una vittoria personale, ma un esempio di coraggio e forza di volontà per tutti.
Con ogni pedalata, Pitti ha dimostrato che i limiti esistono solo per essere superati. Mentre si avvicina alla costa atlantica, sappiamo che il suo viaggio non è solo una traversata geografica, ma un viaggio interiore che ha ispirato e continuerà a ispirare molti. Buon "arrivo", Maurizio, e grazie per averci mostrato cosa significa veramente sognare in grande.
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