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8 marzo

L'8 marzo di Paola Gianotti, la donna dei Guinness: in sella alla sua bici ne ha collezionati ben quattro

Il suo messaggio nella Giornata Internazionale della Donna: "Siamo protagoniste della nostra vita. Anche solo un sogno realizzato ci permette di vivere la vita che vogliamo noi"

In occasione dell'8 marzo, Giornata Internazionale della Donna, abbiamo intervistato Paola Gianotti, la donna dei Guinness che, in sella alla sua bicicletta ne ha collezionati ben quattro.

La sua avventura è iniziata esattamente l'8 marzo di dieci anni fa quando decide di partire per il giro del mondo in bicicletta con l'intento di vincere il Guinness come donna più veloce ad aver circumnavigato il globo in bici.

Cosa succedeva, Paola, l'8 marzo del 2014?

"Quel giorno lì ho cambiato totalmente vita, l'ho ribaltata, lìho stravolta, ho preso la bici per partire per il giro del mondo in bicicletta cercando di diventare la donna più veloce ad aver circunnavigato il globo in bici. Quel giorno è partito un sogno. Ho deciso di dare il via a quell'avventura proprio l'8 di marzo perché ero la seconda donna al mondo a tentare questa impresa e volevo sottolineare ancora di più il potere che le donne hanno e di cui spesso si dimenticano. La forza di noi donne di affrontare un viaggio da 30mila chilometri in 144 giorni attraversando deserti, foreste, pianure, montagne e riusscendo ad arrivare e realizzare un grande sogno".

Quello è stato il tuo primo Guinness, ne sono seguiti altri tre.

"Non mi potevo più fermare, una volta realizzato quello. Nel 2016 ho attraversato tutti e 48 gli stati degli Stati Uniti d'America in 43 giorni raccogliendo i fondi per acquistare 100 biciclette che ho donato a 100 donne che vivono in Uganda nella zona del Karamoja. Poi, nel 2017 ho attraversato il Giappone da Nord a Sud in 9 giorni sempre continuando il progetto per l'Africa". 

L'ultimo record l'hai realizzato in piena emergenza Covid. Come hai fatto?

"Sì, il 18 aprile del 2020, quando eravamo tutti chiusi in casa. Io dovevo fare per il terzo anno consecutivo il Giro d'Italia un giorno prima dei professionisti, ma visto che il Giro era stato posticipato, ho pedalato in casa per 366 chilometri in 12 ore per raccogliere i fondi e acquistare 10mila mascherine che ho donato all'ospedale infantile Regina Margherita di Torino e all'ospedale di Ivrea".

Il 2014 però è stato anche un anno segnato dal grave incidente subito da Paola durante la sua impresa, mentre pedalava in Arizona. Da lì, Paola Gianotti si è resa portatrice di un messaggio molto importante che è quello relativo alla sicurezza.

"Quell'incidente è stato molto significativo per me. A metà del percorso, dopo 15mila chilometri, un automobilista mi ha investito rompendomi la quinta vertebra cervicale. Un incidente che mi è rimasto sia dal punto di vista fisico, che a livello psicologico perchè mi sono dovuta fermare per ben quattro mesi. Quando sono guarita ho deciso di ritornare in sella dal punto della partenza del viaggio e concludere il giro del mondo. Quando sono tornata ho deciso di impegnarmi su questo tema. Nel frattempo avevo conosciuto Marco Caloro, papà di Tommaso, un ragazzo di 14 anni che nel 2010 è stato ucciso da un autonobilista che ha fatto un sorpasso, su linea continua, di quattro macchine. Tommaso si stava allenando in bicicletta. Con lui e con Maurizio Fondriest, campione mondiale di ciclismo, abbiamo aperto l'associazione "Io rispetto il Ciclista" e ci impegnamo ormai da dieci anni per fare in modo che non vengano più uccisi ciclisti sulle nostre strade".

I dati a riguardo sono spaventosi...

"Sì, purtroppo in Italia viene ucciso un ciclista ogni 35 ore. Una strage continua che stiam cercando di evitare sensibilizzando il più possibile le persone, facendo campagna di sensibilizzazione e mettendo in tanti comuni, lungo molte strade, il caretello di sensibilizzazione di rispetto del ciclista e girando per le scuole, parlando con i ragazzi, cercando di fare tutte le attività per creare la giusta convivenza tra ciclista e automobilista sulla strada". 

Paola Gianotti è una donna che quando ha qualcosa da dire, monta in sella alla sua bici e inizia a pedalare. Proprio com'è successo per la sua ultima impresa: la Helsinki-Parigi.

Qual è stato il messaggio che volevi portare?

"E' una traversata europea di 2700 chilometri. Sono partita il 30 di gennaio dalla capitale della Finlandia per attraversare tutta l'Europa con l'obiettivo di raccontare la ciclabilità europea e la mobilità sostenibile. L'intenzione era quella di fare un identikit di queelo che stanno facendo gli altri paesi europei in merito alle piste ciclabili e la mobilità sostenibile e fare un confronto con quello che sta facendo l'Italia portando le buone pratiche qui da noi". 

E com'è andata?

"E' stata una traversata bella impegnativa. Sono partita il 30 gennaio per arrivare il 16 febbraio a Parigi. Una data importante perché era la giornata internazione degli stili di vita sostenibili e del risparmio energetico. Ho attraversato tutte le Repubbliche Baltiche: Estonia, Lettonia, Lituania attraversando le loro capitali. Ho cercato di capire anche grazie alle persone che ho incontrato, quelli che sono i progetti in atto da parte dei Paesi che ho attraversato".

I Paesi del Nord, i così detti "paradisi ciclabili" sono partiti prima dell'Italia o sono solo più veloci? Cosa ci manca?

"Sono molto più veloci dell'Italia, molto più visionari. Hanno una capacità di concretizzare le azioni che noi non abbiamo. Noi pariamo tanto, ma poi agiamo poco. Riusciamo ad essere sempre l'ultima ruota del carro in tanti campi. Soprattutto in quello della mobilità sostenibile. Confrontandomi con gli altri paesi, senza arrivare all'Olanda o alla Finlandia che sappiamo essere paesi molto lontani da noi dove la mobilità sostenibile si porta avanti da molti anni -, ma confrontandomi con la Germania, con la Francia e con la Spagna, che era molto più indietro di noi, noto che loro stanno facendo tantissime azioni".

Cos'hanno fatto questi Paesi?

"Hanno realizzato piste ciclabili ovunque. Si pedala sempre in sicurezza. Le città sono tutte con il limite a 30 chilometri orari. Una regola ormai da tempo e neppure se ne discute, come dovrebbe essere anche qui in Italia. Riducono i parcheggi inducendo le persone ad utilizzare i mezzi pubblici che sono molti ed efficienti, oppure ad andare a piedi o in bicicletta. C'è il metro e mezzo di distanza minima di sicurezza di sorpasso di un ciclista. Cosa che chiediamo in parlamento da dieci anni e che ora è stata introdotta, ma è assolutamente inefficace per com'è stata studiata. Poi ci sono Ztl anche molto grandi e la "bike line" sulle strade extra urbane che permette ai ciclisti di essere sicuri quando pedalano. Tante azioni che vanno verso una mobilità sostenibile sia nelle città che fuori dalle città. Purtroppo è anche una questione di inquinamento perché gli ultimoi dati erano molto negativi. Milano era una delle città più inquinate d'europa e questo ha un impatto sulla salute molto importante. Gli altri paesi fanno passi da giganti e noi da formichine".

Per te che giri il mondo in bicicletta, quando torni in Italia c'è da piangere?

"Abbastanza. E non solo"

In questi anni qualcosa è stato fatto o niente, o male?

"Ci sono cose che sono state fatte male, ma anche alcune cose buone. Ci sono comuni come Cuneo e Bologna che stanno facendo moltissimo. di comuni virtuosi ce ne sono grandi e piccoli. Il problema è che manca una visione. Una visione d'insieme da parte del Governo, dello Stato e dei cittadini".

Cosa manca qui in Italia per cambiare rotta?

"Mancano fondamentalmente due cose: la cultura e le infrastrutture. Se si permette alle persone di avere i servizi pubblici le persone sono più incentivate a muoversi a piedi o in bicicletta e di conseguenza nasce la cultura della mobilità sostenibile. Chi sceglierebbe ancora di restare imbottigliato due, tre ore al giorno nel traffico potendosi muovere in bicicletta ovviamnete si evita di prendere la macchina e si risparmia anche a livello economico. Ma bisogna mettere il cittadino nelle condizioni di essere in sicurezza sulle strade. Se pedalo in strada e vengo ucciso mentre vado al lavoro nessuno verrà invogliato a prendere la bicicletta. La mancanza fondamentale è quella di una visione e l'assenza di adeguate infrastrutture".

Durante il tuo viaggio hai incontrato anche i ragazzi delle scuole. Cosa vi siete detti?

"E' stato molto bello conoscere i ragazzi italiani che fanno progetti di intercultura trascorrendo all'estero il quarto anno del liceo. Sono ragazzi molto svegli con le idee molto chiare. Lì già al liceo ci sono tanti corsi sulla sostenibilità ambientale. Nessuno utilizza bottigliette di plastica. Ognuno ha la propria borraccia. E poi ci sono città, come Helsinki, che danno la frutta: mele e arance a disposizione dei ragazzi. E poi tutti vanno a scuola a piedi, in bicicletta o con i mezzi pubblici. Nessuno viene portato a scuola in macchina, cosa fondamentale per instaurare una cultura diversa nei ragazzi che saranno i fruitori delle strade e utilizzatori delle automobili. La distanza più grossa che ho visto è stata questa e mi è piaciuto molto sentirlo raccontare da loro".

Sembrano cose fattibili da cui poter cominciare anche qui in Italia, no?

"E' assolutamente tutto fattibile. Tutto si può fare. Tutti vogliamo una città più bella, più vivibile. E' fattibile anche in Italia ma occorre una visione, una viglione a lungo termine dove la macchina ben venga che ci sia per le lunghe distanze, ma soprattutto nelle città occorre un cambio totale di mobilità e bisogna dare la possibilità alle persone di spostarsi in macchina, a piedi e con i mezzi pubblico. Ridare alle persone la città perché in questo momento la città non è delle persone".

Durante i tuoi viaggi, come viene vista questa donna che gira il mondo in bicicletta da sola?

"Ho sempre trovato tantissimo affetto da parte delle persone. Non mi sono mai sentita in pericolo nonostante abbia attraversato luoghi non sempre semplici. Mi sono sempre trovata a casa in giro per il mondo. E questa è la sensazione più bella. Quando giri il mondo con la bicicletta, le persone ti accolgono in modo completamente diverso. Sono molto aperte. Se possono ti danno una mano. Ho sempre avuto una grande accoglienza da parte di tutti".

E il ritorno a casa com'è?

"E' sempre bello anche se quando finisco i miei viaggi sono sempre un po' nostalgica perché per me viaggiare con la bicicletta, sfidare i miei limiti. Conoscere il resto del mondo è ciò che mi dà più vita. Quando sono in giro per il mondo con la mia bicicletta sono la donna che voglio essere. Una donna felice. Però anche a casa ho imparato a gestire la mia quotidianità inventando sempre nuovi progetti, ma anche apprezzando le piccole cose di casa".

Quale sarà il tuo prossimo progetto?

"Di progetti ne ho tanti in mente. Ne ho uno per il prossimo anno che per scaramanzia ancora tengo per me. L'impegno al momento è quello di portare avanti il progetto del rispetto del ciclista sulla strada e il progetto legato alla sostenibilità ambientale. Sono convinta che ognuno di noi possa fare la differenza impegnandosi quotidianamente combattendo per quello in cui crede. Bisogna ricordars iche ogni azione che noi facciamo ha un impatto sulle altre persone, ha un impatto sull'ambiente, sul pianeta e quindi dobbiamo ricordarci che quello che facciamo può essere fatto anche in modo diverso e magari essere più rispettoso nei confronti del resto della comunità. C'è una cosa che dico sempre: se non fai niente non succede niente, quindi: facciamo e cerchiamo di migliorare questo mondo che ne ha tanto bisogno".

Dieci anni fa, Paola, hai voluto dare un significato particolare a questa giornata. Cosa rappresenta per te l'8 marzo?

"Per me l'8 marzo è una giornata assolutamente significativa: ho preso la mia vita in mano e l'ho cambiata. L'augurio che voglio fare in primis a tutte le donne per questa Giornata Internazionale delle Donne è di ricordarci che noi siamo protagoniste della nostra vita. Noi possiamo cambiare quello che non ci sta bene. Non dobbiamo prendere la bicicletta e fare il giro del mondo, ma possiamo guardarci dentro e possiamo realizzare piccoli grandi sogni. Anche solo un sogno realizzato ci permette di vivere la vita che vogliamo noi. Il mio augurio più grande è quello di guardarsi dentro e avere la forza e il coraggio di cambiare piccole grandi cose e realizzare i propri sogni". 


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