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Il reportage
20 Febbraio 2024 - 17:20
Una città dentro la città: pare questa la metafora migliore per descrivere il centro Teobaldo Fenoglio. La struttura di accoglienza per migranti sorge nella parte ovest del centro storico di Settimo Torinese, vicino ai binari rialzati della Torino-Milano. A cadenza regolare il passaggio del treno fa volgere lo sguardo all'insù.
Qui, decine di ragazzi e ragazze provano a ricominciare daccapo. Costruita nel 2000 con l'intento di farci dormire gli operai impegnati proprio nella costruzione dell'alta velocità, la struttura viene riconvertita nel 2008 e diventa uno spazio per ospitare i migranti.
Nel corso di questi quindici anni, la vocazione principale del centro è rimasta questa, ma non solo. Qui vengono accolti anche i cittadini di Settimo Torinese seguiti dai servizi sociali del Comune. Nel perimetro del centro, inoltre, vengono anche parcheggiati i mezzi di soccorso che la Croce Rossa Italiana utilizza in caso di emergenza.
Francesco Ameglio
Ed è proprio la Croce Rossa Italiana a gestire tutte le attività del centro. Noi abbiamo incontrato alcuni dei lavoratori in tuta rossa che ogni giorno garantiscono le numerose attività offerte a chi transita di qui alla ricerca di un futuro migliore.
"Per noi questo è un fiore all'occhiello" ci dice Francesco Ameglio, giovane coordinatore del Centro Operativo Emergenze della CRI e reponsabile del Centro Fenoglio. Nel corso degli anni, la CRI ha trasformato quello che era a tutti gli effetti un cantiere (e quindi una sistemazione di fortuna) in un luogo dove si guarda al futuro. Insomma, qui le cose funzionano.
Alcuni hanno parlato anche di un "modello Settimo" in termini di accoglienza. “Non so se si possa definire un modello, - ci dice la Sindaca di Settimo, Elena Piastra - perché andrebbe adattato anche a contesti diversi. Di certo ci sono alcuni elementi che hanno fatto la differenza e forse sono replicabili: la grandissima professionalità di chi ha gestito l’accoglienza e mi riferisco a Croce Rossa e Fondazione Comunità Solidale. I primi al Fenoglio e i secondi per l’accoglienza diffusa in città: accogliamo donne che spesso hanno un passato complicato, bambini, famiglie".
Chi esce da qui trova nove volte su dieci un lavoro, e lo spazio è sempre rimasto aperto a colloquiare con l'esterno. "Il centro - conclude Piastra - non è mai stato uno spazio chiuso: ci sono state mostre di libri, c’è stato il sostegno delle amministrazioni, una totale osmosi tra ospiti, cittadini e città. Tutti hanno capito che non c’era nulla da temere, gli ospiti sono diventati cittadini settimesi”.
Mentre facciamo un giro per il centro, Ameglio ci indica le varie strutture che lo compongono. C'è la mensa, c'è la parte degli uffici, l'infermeria, la sezione dedicata ai luoghi di culto e tutte le unità abitative. Sono trentacinque i lavoratori della Croce Rossa che operano quotidianamente nel centro, anche se possono contare sui 22mila volontari che orbitano attorno alla CRI piemontese. Una fiumana di persone per tenere in piedi un progetto ambizioso.
Qui arrivano per esempio i migranti inclusi nel progetto SAI, acronimo di Sistema Accoglienza Integrazione: si tratta della rete di enti locali che partecipano all'accoglienza e all'inserimento sociale delle persone che hanno già ottenuto lo status di rifugiati. La referente del progetto a Settimo è Mercede Iodice.
Il murales disegnato da Hassan, uno degli ospiti
"Col SAI cerchiamo di rendere i beneficiari autonomi lavorando sull'inclusione sociale, abitativa e lavorativa" ci spiega mentre continuiamo a passeggiare. Qui si lavora a partire dalla formazione professionale, "sulla base delle loro inclinazioni e di quello che hanno piacere di fare loro".
Il progetto dura sei mesi (prorogabili) "e ha l'obiettivo di far integrare i ragazzi sul territorio di Settimo". La maggior parte dei sessanta attuali beneficiari del progetto è formata da pakistani, ma c'è chi arriva anche dal Medio Oriente e dall'Africa. Spesso, ci dice Mercede, riescono a integrarsi alla perfezione nel tessuto socioeconomico cittadino.
Ma il Fenoglio funge anche da CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria). Chi arriva qui sotto questa sigla non ha ancora ricevuto lo status di rifugiato. "Il centro nasce per rispondere al fenomeno migratorio sulle coste italiane - ci dice Alberto Martino, responsabile CAS a Settimo - e supportare gli ospiti che arrivano qui fino all'ottenimento dello status. Noi ci occupiamo della formalizzazione della domanda fino all'ottenimento dello status, per poi poterli trasferire e proseguire nel processo di accoglienza".
Al momento ci sono ben centotrenta persone (tutti uomini) dentro al Fenoglio che ricadono nel progetto CAS, la maggior parte da Pakistan, Bangladesh ed Egitto. La permanenza media dentro al centro è di un anno. E poi ci sono gli ucraini, che restano qui circa un mese in attesa della protezione umanitaria. Si tratta per la maggior parte di interi nuclei familiari. Tra di loro, c'è anche (pochi a dire il vero) chi rientra in Ucraina.
Non mancano ovviamente le attività formative. Il primo obiettivo sotto questo aspetto è l'apprendimento dell'italiano: e infatti, mentre registriamo il servizio un'insegnante spiega a una classe particolarmente attenta le coniugazioni dei verbi.
Ma i lavoratori CRI si impegnano anche a capire qual è il livello di istruzione da cui partono gli ospiti che arrivano qui. Talvolta ci sono anche persone con alle spalle un diploma o una laurea. "Abbiamo molti laureati: uno di questi si è impegnato a creare un corso di formazione di informatica base" ci dice Maria Celeste Cupo, educatrice professionale che da un anno segue il progetto SAI.
La formazione degli ospiti del centro: in foto, una lezione di italiano
C'è poi tutta la parte di alfabetizzazione sanitaria: chi arriva qui, per esempio, spesso non sa di avere diritto a un medico di base o a prestazioni sanitarie gratuite. "Io sono egiziano, e da noi non esiste il medico di base, che invece qui in Italia svolge una funzione preziosissima" ci spiega Seifeldin Gamal Elsayed Aly Elahwal, mediatore culturale che per la CRI cura proprio i rapporti con la sanità degli ospiti del Centro.
Ah, e ovviamente ci sono loro, i più importanti: gli ospiti. Le loro sono storie spesso difficili. Qualcuno ci chiede di evitare di parlare del viaggio che l'ha condotto qui. I motivi li immaginiamo: spesso i tragitti che chi migra deve affrontare sono pericolosi, e capita di veder morire qualcuno davanti ai propri occhi o di rischiare la vita in prima persona.
Ma le loro sono anche storie di rinascita e di riscatto. Le abbiamo raccontate nel video, ma le riprenderemo nei prossimi giorni. A ogni persona che abbiamo incontrato dedicheremo un articolo. Perché le loro storie sono uniche, e come tali vanno raccontate.
Ha collaborato alla redazione dell'articolo Mattia Aimola
Servizio video a cura di Mattia Aimola e Francesco Munafò
Montaggio di Manuel Cartosio
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