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Rivarolo Canavese

La scuola che non ti aspetti: qui istruzione fa rima con emancipazione (VIDEO)

Alla "scuola per adulti" di Rivarolo, destini che sembravano segnati possono cambiare: è il potere dell'istruzione

Dentro Villa Vallero, a Rivarolo Canavese, c'è un bel viavai di persone. Tra chi sta in segreteria, chi siede ai banchi e chi fa lezione, l'atmosfera di una scuola è respirabile senza dover fantasticare troppo. E proprio in una scuola ci troviamo, anche se non è come uno se l'aspetterebbe

Si chiama Centro Provinciale Istruzione Adulti, ma chiamatela pure, se volete, semplicemente "scuola". Perché, esattamente come tutte le scuole, qui c'è la possibilità di ricevere un'istruzione, cioè di approfondire lingue, materie e discipline, e una formazione, cioè di costruirsi come esseri umani.

Silvia e Maurizio, insegnanti al CPIA (dal video che si può trovare sul nostro canale Youtube)

Gli insegnanti che ci accolgono sono Silvia Sabolo, 35 anni, insegnante di italiano e geostoria, e Maurizio Fassio, 50 anni che insegna tecnologia. Lei ha sempre insegnato agli stranieri, e d'altronde si è formata per questo, mentre Maurizio insegna agli adulti da cinque anni. La sua esperienza precedente è quella di docente delle scuole medie.

"Il CPIA - spiega Maurizio - è l'erede dei vecchi CTP che fa parte del primo ciclo (elementari e medie) e ci occupiamo di alfabetizzazione italiana per studenti stranieri ma anche di quelle che una volta si chiamavano 150 ore, che danno l'accesso alla terza media".

Lo studente medio di un CPIA è tendenzialmente straniero, e viene inserito in dei corsi che possono essere di diverso tipo. "Esiste anche una piccola parte di utenza italiana - prosegue Maurizio - persone che non hanno ancora conseguito la terza media o ragazzi usciti dall'obbligo scolastico senza aver conseguito il diploma".

Emanuel viene dalla Nigeria ed è laureato in microbiologia. Al CPIA vuole imparare l'italiano

Se dovesse parlare del ruolo che l'istruzione per adulti ha nei processi di integrazione dei cittadini stranieri, Silvia non avrebbe dubbi: "Quando una persona arriva in un paese straniero apprendere la lingua è fondamentale, soprattutto per facilitare l'inserimento personale e lavorativo nella società". Da qui l'esigenza di corsi di italiano per stranieri.

"Se riusciamo a trovare anche un momento per scrivere un curriculum diventa importante, in modo tale che la persona possa usarlo per cercare lavoro" prosegue Silvia. "Oppure per orientarsi nella formazione - aggiunge Maurizio - che noi invitiamo sempre a continuare, perché continuandola hanno l'opportunità di migliorare le proprie condizioni di vita".

Qui le persone "si rimettono in formazione dopo, magari, aver abbandonato il percorso formativo che avevano intrapreso" spiega Maurizio. E non si tratta soltanto di una bella favola con lieto fine. Tutt'altro. La formazione, qui come altrove, ha il potere di funzionare come un dispositivo di mobilità sociale potentissimo.

"Spesso ci sono famiglie assistite dai servizi sociali perché in difficoltà economiche che, passando dalla formazione, trovano lavoro e da assistite passano ad essere attive, e per loro si aprono nuove prospettive" prosegue il professor Fassio.

Spesso e volentieri chi arriva in Italia ha ottenuto già, nel paese di origine, un titolo di studio elevato, come un diploma o una laurea. Titolo di studio che qui non riesce a venire fuori per diversi motivi: "Spesso succede, ad esempio, che alle signore che vengono dalla Moldavia o dalla Russia si propone solo di fare la badante - racconta Maurizio. Noi qui proviamo a far emergere le competenze nascoste, e non solo quelle maturate a scuola, ma anche quelle umane".

Competenze umane che in aula escono sempre fuori: "Posso aiutare queste persone dal punto di vista linguistico, certo - dice Silvia - ma io stessa non smetto mai di imparare da loro e dalle loro storie". Dinamiche normali in un luogo da sempre crocevia di incontri e di scambi qual è la scuola. Anche se gli studenti hanno trenta, quaranta o cinquant'anni.

Tra gli studenti ci sono Emanuel, che viene dalla Nigeria e ha 35 anni e Maria Teresa, che ha 39 anni e che invece è di nazionalità peruviana.

Emanuel è in Italia dal 2013, e la scuola, per lui, è una vera e propria necessità. "La scuola era importante per fare domanda per la cittadinanza - ci racconta -. In Nigeria mi sono laureato in microbiologia, e qui mi piacerebbe trovare un lavoro in ambienti come gli ospedali, magari per analizzare i campioni. Per ora, dal 2017 lavoro come metalmeccanico a Busano. In Canavese mi trovo bene".

"In Perù mi sono laureata in Farmacia - ci racconta invece Maria Teresa - e sto conseguendo la terza media per convertire il mio titolo di studio in italiano. Abito a Cuorgnè da un anno e tre mesi e in Canavese mi trovo bene". Nel suo futuro, Maria Teresa si vede in una clinica, a fare lavoro ospedaliero, esattamente come faceva in Perù. 

Due storie di vita che aspettano di evolversi e di sbocciare, e che, per farlo, passano da un'aula con sedie, banchi e una lavagna.

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