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03 Febbraio 2021 - 11:31
L'auto che è stata incendiata nella zona degli spogliatoi del campo sportivo “Don Mosso”, una decina di giorni fa. L’auto è risultata rubata
Se dal punto di vista dell’auto incendiata non ci sono novità (le indagini dei carabinieri della compagnia di Venaria sono in corso, ndr) il caso “Don Mosso” continua ad infiammare - assist a porta vuota, eh - il dibattito politico cittadino.
Perché lunedì scorso, sul settimanale sportivo “Sprint&Sport”, Domenico Mallardo, patron del Venaria Calcio, ha rilasciato un’intervista in cui spiegava come la vicenda dei pagamenti degli arretrati fosse una storia chiusa, perché avrebbe pagato i 70mila euro dovuti per le utenze pregresse e dove annuncia di aver “convenuto di recedere l’attuale concessione (che sarebbe dovuta rimanere in vigore fino al 2026, ndr) che precludeva ogni possibilità di intervento e supporto da parte del Comune. Insieme abbiamo trovato la strada per uscire da quell’accordo, con l’amministrazione che nei prossimi mesi redigerà un nuovo bando, rivedendo alcuni aspetti e diciture e prolungando la concessione a livello temporale, consentendo così una sinergia possibile in vista dei grandi investimenti che ci attendono con il rifacimento del campo sintetico”. Parlando addirittura di un Comune che garantirebbe la “fidejussione per affrontare certi passi, ampliando la concessione e stabilendo nuovi principi che non precludano la possibilità di sinergie” e terminando con la frase “Venaria è e sarà la nostra casa”.
Frasi importanti che, però, non corrisponderebbero al vero. Perché poche ore dopo, un Giulivi incazzato come non mai scrive un post su Facebook in cui prende le distanze “da quanto pubblicato quest’oggi su Sprint&Sport in merito al futuro dell’impianto Don Mosso. Smentisco categoricamente le dichiarazioni del presidente Mallardo, rispetto alle quali mi riservo di assumere le iniziative più opportune. Il futuro dell’impianto sarà deciso, con la massima trasparenza e nel rispetto delle norme, nelle sedi comunali preposte, e non di certo al tavolo con le società sportive che potranno concorrere ad un futuro bando. Tratteremo la vicenda nella prossima Commissione Sport convocata per il 2 febbraio”, taglia corto Giulivi.
Alessandro Brescia, con un tackle scivolato, entra duro nella vicenda. Questo perché, giovedì, è arrivata la lettera in cui il Comune ha chiesto di rettificare il suo post Facebook sul Don Mosso di una settimana e mezza fa.
“Ora, a volte il dibattito è aspro e arriva ai limiti, però mi è sempre stato chiaro quale fosse il campo da gioco, tanto per restare in tema. Tant’è che non ho mai avuto bisogno di avvocati, né per attaccare né per difendermi. Così ho provato a rileggere ciò che ho scritto ma non ho trovato offese alle persone, né riferimenti ai funzionari comunali o allusioni oltre la critica all’agire politico.
Per lo più ho citato dichiarazioni altrui sulle quali ho fatto delle considerazioni di natura politica, forse sì dal tenore troppo ironico, ma molto simili, nella sostanza, a quelle che lo stesso sindaco avrebbe fatto diversi giorni dopo. Pertanto, mi sfugge cosa dovrei rettificare. Se dovessi prendere sul serio questa lettera, dovrei considerare l’avvertimento una intimidazione alla mie prerogative di consigliere comunale nell’esercitare il diritto di critica, da ascriversi esclusivamente all’attività politica. Ma sono propenso a pensare si sia trattato di un impeto dettato dalla tensione e non fosse questa la sua reale intenzione, comprese certe indebite allusioni. Succede. Viceversa, se si ritiene di procedere, sarà un giudice ad occuparsene. Tutto è già pubblico. A me interessa che i nostri ragazzi possano giocare a calcio. Indipendentemente dalla società sportiva che hanno scelto, compresi quelli che sono dovuti andare in altri Comuni, e non sono pochi”.
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