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08 Novembre 2024 - 00:15
Mercoledì 7 novembre, i globe trotter cuorgnatesi Pier Luigi Bernard e Cristina Martinetti con la loro lezione attraverso le diapositive e spiegazioni del viaggio ci hanno portato a visitare in maniera virtuale vulcani borbottanti che illuminano il cielo notturno, tumuli sulfurei di giallo che assumono forme ultraterrene e visioni di cammelli attraversano laghi di sale.
Parlo della magica e misteriosa Dancalia situata a 100 metri e più sotto il livello del mare, la Depressione della Dancalia è il luogo più inospitale e mozzafiato della terra. Un viaggio fuori dall’ordinario, ma partiamo dall’inizio. Giunti ad Addis Abeba, la capitale della Repubblica Federale Democratica d’Etiopia, uno stato dell’Africa orientale. Stato con più di 80 diversi gruppi etnici, 90 lingue e 200 dialetti. Le lingue ufficiali sono l’Aramaico, il Tigrino e l’Oromo.
Il nome della capitale Addis Abeba, in aramaico significa Nuovo Fiore, sorge sugli altopiani centrali del Paese a 2400 metri di altitudine, facendo sì che 12 mesi l'anno il clima sia sempre temperato e fresco con alcune piogge torrenziali tipiche della stagione delle piogge. Dalla capitale i nostri viaggiatori sono arrivati ad Harar, chiamata Gey, dai suoi abitanti. Harar venne fondata fra il VII secolo come centro principale della religione e cultura islamica nel Corno d'Africa. Rimase indipendente dal resto dell'Etiopia per secoli, e nel 1887 Menelik II, incorporò Harar nel nascente Impero etiopico. Tipico di questa città, un enclave mussulmana tra i cristiani copti abissini, è il muro alto 4 metri e dotato di 5 porte d'accesso, che circonda la città vecchia.
Questo muro, chiamato Jugol, è uno dei simboli della città e dei suoi abitanti. I docent hanno girato per Harar, la città che stregò il poeta Rimbaud con le sue affascinanti tradizioni, le eleganti moschee e la sua frenetica vita e, assistito al rito del caffè che dura più di un’ora. Una caratteristica di quei luoghi: in alcune zone viene dato del cibo ai falchi e alle iene. Da lì Cristina e Pier Luigi sono andati in escursione notturna, dopo aver fatto delle tappe intermedie in villagi dell’etnia Afar, dormendo all’aperto, verso il vulcano l’Erta Ale.
Nella Dancalia la particolarità che non esistono forti escursioni notturne tipiche del deserto e la temperatura è sempre sui 40 gradi. Hanno soggiornato in villaggi Afar, la popolazione seminomade che vive in quei luoghi. Durante il viaggio hanno incrociato carovane di dromedari che sfilavano al tramonto con il loro prezioso carico e i minatori che spaccavano il terreno a zolle nella piana del sale.
Un tempo la Dancalia era coperta dal Mar Rosso. Quando l’acqua si è ritirata, ha lasciato uno strato di sale profondo anche 800 metri. Il nome Dancalia deriva dal nome nazionale degli abitanti, in arabo Dankal o Danakil, da cui l’italiano Danachili o Dancali, è Afar.
Ad Ahmed Ela, nella piana del sale, la popolazione, gli Afar, lavora tutto il giorno per spaccarlo in zolle e trasportarlo al villaggio per rivenderlo. In questo viaggio in Dancalia fuori dall’ordinario, ecco l’antico cratere di Dallol, con le sue esalazioni di gas velenosi e psichedelici, che hanno offerto visioni surreali.
Poi ecco la porta dell’inferno, l’Erta Ale, uno dei vulcani più attivi dell'Etiopia e dell'Africa intera, nell'omonima catena di vulcani, dove fuoriescono senza soluzione di continuità grandi quantità di lave fluide di tipo basaltico che ricordano quelle dell’Etna. Le foto in notturna sono state spettacolari.
Da li il loro viaggio è proseguito verso le chiese monolitiche del Tigray, come quella di Abreha we Atsbeha, meno nota di quella di Lalibela, ma altrettanto affascinante. Questa chiesa a pochi chilometri da Wukro, ad un’altitudine di 2200 m, si affaccia su un piccolo altipiano con una vista incantevole.
Costruita nel X secolo, porta il nome dei due re che introdussero in Etiopia il cristianesimo. L’edificio è semi-monolitico: parzialmente scavato nella roccia, parzialmente costruito in muratura.
Poi ecco l’inaccessibile Abuna Yemata Guh, circondata da panorami mozzafiato. Al suo interno, la chiesa è interamente dipinta con scene che rappresentano la storia del Cristianesimo in Etiopia.
Pier Luigi, sfidando la forza di gravità, con grande capacità di arrampicata libera è arrivato sino alla chiesa più pericolosa del mondo. La chiesa Abuna Yemata Guh viene spesso paragonata alla Cappella Sistina.
Abuna Yemata Guh è arroccata sulla guglia di un massiccio roccioso e richiede un’ora di arrampicata verticale, senza ausilio di corde e nessun sistema di sicurezza.
La vista dalla chiesa è senza pari, così come gli affreschi al suo interno.
La conferenza del bellissimo viaggio ha svuotato la mente di tutti noi per riempirla della bellezza del racconto e dei luoghi che abbiamo potuto vedere nella Dancalia, un luogo unico, che rimarrà scolpito nelle nostre menti.
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