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12 Aprile 2024 - 23:09
Reginaldo Palermo
Nella conferenza che si è tenuta all’UNITRE di Cuorgnè mercoledì 3 aprile dal docente dott. Reginaldo Palermo ci ha illustrato con dovizia di particolari e di libri letti sull’argomento una bella riflessione sui problemi dell’educazione, perché la scuola italiana è così e anche di riflesso la nostra attuale società, perché gli alunni di oggi sono i cittadini di domani.
Il docente ha parlato di John Dewey nato nel 1859-1952 che è considerato uno dei più importanti psicologi educativi. I suoi modelli in questo campo hanno fatto parte della rivoluzione pedagogica avvenuta nel secolo scorso che ha influenzato il pensiero di Adriano Olivetti e la sua idea di Comunità.
Purtroppo al giorno d’oggi parte del nostro sistema educativo non conosce ancora o non applica i contributi di John Dewey.
In Italia queste idee sono giunte negli anni Cinquanta del Novecento dopo la Seconda Guerra Mondiale. Tra i suoi libri più importanti vengono ricordati: “Il mio credo pedagogico del 1897, “Scuola e società del 1897 e molti altri. La traduzione del testo “Scuola e società” del 1949, di John Dewey si deve a Ernesto Codignola e Lamberto Borghi.
Con la traduzione dell’opera, si diffusero in Italia le idee rivoluzionarie di Dewey che influirono sulla scuola e sull’educazione già a partire dal periodo postfascista.
In Italia all’inizio del Novecento il pensiero pedagogico era quello del neoidealismo i cui esponenti i cui esponenti di primo piano furono Benedetto Croce, 1866-1952, e Giovanni Gentile, 1875-1944.
Quest’ultimo, intellettuale di riferimento per la prima metà del Novecento, fu voce autorevole anche in campo pedagogico e a lui è legata la riforma scolastica del fascismo.
Un discorso a parte e rivoluzionario per i tempi è quello legato a Maria Montessori pedagoga, educatrice, scienziata, medico, psichiatra, filosofa, antropologa, biologa e psicologa, che fu una vera rivoluzione al femminile. Pensate terza donna italiana che nel 1896 si sarebbe laureata in medicina, specializzandosi successivamente neuropsichiatria.
Poi il docente ha parlato di Francesco De Bartolomeis, decano dei pedagogisti italiani, che si è spento a Torino da pochi mesi all’età di 105 anni.
Grande cultore e innovatore, teorizzò il metodo dei laboratori scolastici fornendo contenuto metodologico alla scuola del tempio pieno che stava nascendo in quegli anni. De Bartolomeis è stato docente di pedagogia all’Università di Torino dal 1956 al 1988 di cui era professore emerito. Grazie alla sua vasta conoscenza della storia della pedagogia, negli anni Cinquanta e Sessanta lavorò molto per far conoscere in Italia i più importanti studiosi europei e nordamericani facendoli pubblicare dagli editori con cui collaborava.
Nel 1972, all’Università di Torino, inizia infatti la sperimentazione dei laboratori con l’obiettivo di mettere a punto strategia per avviare e sviluppare innovazioni nella scuola ordinaria. Il sistema dei laboratori non venne solo proposto come accompagnamento alle attività scolastiche tradizionali, ma puntò a diventare l’ossatura della scuola stessa.
La proposta dei laboratori diventò lo scheletro del nascente tempo pieno a scuola, ma al contempo indicò nuove vie ai servizi educativi territoriali. Ma le teorie di De Bartolomeis non furono di ispirazioni solo alla scuola.
Laureatosi all’Università di Firenze nel 1918 con il pedagogista Ernesto Codignola e dopo che Benedetto Croce sostenne la pubblicazione del suo primo libro “Esistenzialismo e idealismo” (Riccardo Ricciardi, 1944), De Bartolomeis venne avvicinato da Adriano Olivetti che aveva notato alcuni sugli articoli pubblicati sulla rivista “Il Ponte” diretta da Piero Calamandrei e iniziò così a collaborare con la rivista “Comunità”.
Purtroppo il tempo è tiranno e speriamo che il docente che ci ha ammaliati con la sua bravura continui il prossimo anno a parlarci di grandissimi educatori che, con modalità diverse, hanno dato contributi decisivi allo sviluppo dell’educazione, da Célestin Fernet, a Don Lorenzo Milani, Mario Lodi e Bruno Ciari.
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