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L’eccidio di Noasca

Raccontato da Paolo Costa in “Corpi nell’acqua”

L’eccidio di Noasca

Noasca, settembre 1944. Tre corpi affiorano nelle acque del canale che dalla grande diga di Ceresole Reale convoglia le acque fino allo sbarramento di Perebella. 

Sono quelli di due fratelli – Nino di 16 e Nina di 18 anni – e della loro nonna Laura, uccisi da due partigiani che avevano fatto irruzione nella loro abitazione, nel centro di Noasca. 

A raccontare l’ “eccidio di Noasca” è Paolo Costa, autore del volume “Corpi nell’acqua” edito da Atene del Canavese, che cerca di capire che cosa sia realmente successo nella notte fra il 24 e 25  settembre di 79 anni fa, conducendo un’accurata ricerca storica che contiene anche atti del processo contro i due presunti assassini, celebratosi nell’aprile del 1947 davanti alla corte d’Assise di Ivrea e conclusosi con l’assoluzione di entrambi gli imputati per amnistia. 

L’autore tenta di rispondere, innanzitutto, ad una domanda: può il processo per l’”eccidio di Noasca” aver fatto emergere tutta la verità in questa vicenda?

“Corpi nell’acqua” segue di due anni quel “Canto della cascata”, il romanzo ispirato dal diario del padre dell’autore, Gino Costa, che il figlio Paolo ritrovò alla sua morte,datata 2018. Gino Costa aveva annotato episodi e personaggi della guerra partigiana da lui combattuta in valle Orco con gli uomini della VI GL, comandata da Gino Viano, il “leggendario” Bellandy.

Per i due principali sospettati non appare convincente la difesa che dietro a quel triplice delitto ci fosse la giustificazione di aver agito perché le vittime sarebbero state delle spie al servizio dei fascisti e degli “alleati” tedeschi. Tesi smentita da moltissime testimonianze raccolte dall’autore e minuziosamente inserite nel racconto ,basato in gran parte sul lavoro di ricerca della verità, condotto nel dopoguerra da Letizia, la figlia di Laura Roscio Rava.

I due presunti killer vengono indicati dall’autore con il solo nome di battesimo -  Antonio e Mario – anche  se basta scorrere le cronache giudiziarie dell’epoca per scoprire la loro identità. Per loro ci fu il rinvio a  giudizio con l’accusa di sequestro di persona, rapina e omicidio, reati da ergastolo se l’amnistia non li avesse mandati assolti.

Guido Novaria

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