AGGIORNAMENTI
Cerca
Pagine di storia
29 Giugno 2024 - 07:00
IN FOTO Vecchia immagine della centrale via Filiberto Frescot a Rivarossa. In lontananza la chiesa di San Rocco, alla quale è affiancata, sulla destra, la strada che porta a Lombardore
La via maestra che traversa da un capo all’altro Rivarossa è intitolata ad un paio di personaggi forestieri, che nel paese hanno dimorato per diverso tempo in età matura, marcando la memoria collettiva con il loro passaggio. Di Leopold Neuscheller (ved. «Canavèis», n. 7), nato a Riga, in Lettonia, e morto a Nizza, in Costa Azzurra, sul finire del’Ottocento, e diventato rivarossese dopo aver sposato la borghigiana Maria Basso, il paese ne ha celebrato lo scorso anno il 190° anniversario della nascita, ricordandolo come benefattore per aver donato l’asilo ai piccoli di Rivarossa nel 1887. E se di questo aristocratico lèttone, vissuto in una lussuosa dimora sull’altura del Borgallo per circa un ventennio, sono risaputi i suoi trascorsi, della seconda figura in questione, Filiberto Frescot, non si hanno notizie precise del suo soggiorno, se non quelle riguardanti il luogo, la cascina Paradiso − lungo la tortuosa provinciale che sfocia tra San Francesco al Campo e Palazzo Grosso −, dove ha vissuto per un qualche periodo, deliziandosi soprattutto di campagna e di pratica venatoria.
Le origini.
Di famiglia borghese d’origine valdostana, Filiberto Frescot nasce a Pont-Saint-Martin il 18 febbraio 1827 da Carolina (o Carlotta) Balzet, torinese, e da Giovanni Battista Frescot, mentre il nonno paterno Bartolomeo, calzolaio, era di Borgosesia. Il padre è un avvocato con idee liberali, dunque oppositore al governo della monarchia sabauda restaurata, e per questo tacciato in un documento d’archivio come «assiduo cospiratore» avverso al sovrano, che in casa propria riunisce «altri della sua lega per congetturare sinistri eventi». Nella famiglia Frescot la politica è di casa, perché sia lo stesso avvocato che il fratello Giuseppe, farmacista, sono consiglieri comunali in questo municipio della Bassa Valle d’Aosta, e il loro ideale laico e progressista va letto come un lascito certificato dell’epoca napoleonica in Vallée. I fratelli Frescot, dice un loro oppositore politico, sono conosciute come persone «pericolosissime alla tranquillità pubblica». Il giovane Filiberto – il nome completo è Maria Giuseppe Carlo Filiberto – fin da piccolo respira quest’aria di ribellione innovatrice, frequenta l’Università di Torino ed ottiene la laurea in Giurisprudenza, la base di sua riconosciuta competenza quando, anche lui, si getterà nei marosi della politica. Il momento è propizio, in quanto una legge promulgata da re Carlo Alberto nel 1848 apre la strada ad una prima, esitante riforma democratica del potere favorevole alla borghesia liberale, la nuova classe emergente: l’elezione dei consiglieri – scrive la studiosa Laura Decanale – è affidata ad uno stretto elettorato rappresentato «dai maschi in grado di leggere e scrivere, alti contribuenti o appartenenti a determinate categorie professionali».
L’ascesa in politica.
L’apparire di Filiberto Frescot in politica avviene nel 1857, all’età di trent’anni, quando, candidato dell’ala sinistra del partito liberale alle elezioni politiche del regno di Sardegna nel collegio di Verrès, è sconfitto dal rappresentante conservatore; così come un altro scacco lo subisce alle elezioni politiche dell’ottobre 1865, cui partecipano l’1 per cento degli italiani, e nettamente rivinte dai liberali moderati. Né miglior sorte Frescot avrà due anni dopo, alle elezioni politiche del 10 marzo nel collegio di Avigliana, benché riceva un pur timido appoggio dalla neonata «Gazzetta Piemontese». Sorta nel febbraio 1867 (dal 1895 modificherà la testata in «La Stampa») sotto la direzione del narratore e commediografo Vittorio Bersezio, nel presentare l’imminenza della scadenza elettorale, il 3 marzo il quotidiano avanza la candidatura in questi termini: «Molti presentano l’avvocato Filiberto Frescot, il quale da più anni è membro della Deputazione Provinciale di Torino, nella cui qualità fece parte di varie Commissioni per studi su progetti di legge d’imposta; siccome dotato di vaste cognizioni, non solo legali, ma anche amministrative e finanziarie, che è quanto occorre negli attuali frangenti, e fornito di sentimenti patriottici, sinceri e costituzionali, [...] in una sua lettera ad un elettore politico del collegio così si manifestava: “Nelle attuali difficili contingenze è suprema necessità che il paese sia rappresentato dal più gran numero possibile d’uomini disposti a resistere a qualunque costo alle crescenti esorbitanze di un potere viziato, e con economie profonde e radicali salvare il popolo dall’estrema rovina di cui è minacciato”». In effetti, l’avvocato pontsanmartinese dal 1860 è diventato componente della Deputazione provinciale di Torino, e lo sarà ininterrottamente fino al 1895 con la sola eccezione dell’anno 1882; della medesima istituzione sarà presidente dal 1889 al 1894, sommando nel contempo un paio di altre cariche: quella di Consigliere provinciale di Torino dal 1860 al 1911 e l’altra di vicepresidente dello stesso Consiglio provinciale. Esiste traccia di queste nomine nel quotidiano di Bersezio in almeno due occasioni: quella datata 15 agosto 1867 in cui si elencano distretto per distretto i nominativi dei consiglieri eletti alla Deputazione provinciale, dove il nome Filiberto Frescotappare sia nel distretto di Fiano e Ciriè, sia in quello di Verrès e Donnas (quest’ultimo in coabitazione con l’altro consigliere, Baldassarre Mongenet, lui pure di casa a Pont-Saint-Martin ma nativo di Carema); la seconda il 21 agosto 1868, altro resoconto delle nomine di consiglieri eletti alla Deputazione provinciale, dov’è scritto che Filiberto Frescot è stato eletto nel distretto di Verrès e Donnas. Alle elezioni politiche dell’autunno 1870 tra i candidati liberali compaiono nomi noti di riformatori e letterati: ad esempio ad Alba vi è Michele Coppino, ad Alessandria Urbano Rattazzi, a Caluso Matteo Pescatore, a Cuneo Vittorio Bersezio, a Cuorgnè Guido San Martino di Valperga, a Ivrea Guido Giacosa; pure Frescot è della partita ed a sostenerlo è ancora la «Gazzetta Piemontese», che stavolta apertamente esorta gli elettori: «Esatte informazioni mettono il Comitato in grado di affermare che di fronte al Carutti, candidato del partito clericale, si presenta nel collegio di Verrès l’avvocato Filiberto Frescot, noto per la sua antica fede liberale. Stanno perciò quivi di fronte non due persone, ma due principii. Agli elettori di Verrès la scelta. Il Comitato si limita solo a raccomandare ai liberali di votare concordi e senza badare a questioni personali». Manco a dirlo, è il Carutti ad imporsi, 214 voti contro i 112 di Frescot, su 337 votanti. Ma l’anno successivo avviene la svolta, il vento stavolta soffia in suo favore, e da quel momento l’avvocato liberale troverà la strada politica spianata. Ha 44 anni, un elettorato che l’apprezza ed una professione che indubbiamente concorre al successo. Il 20 e 27 agosto 1871 si vota nel collegio di Aosta per sostituire il deputato Gerbore, morto in luglio; Frescot è sostenuto dai liberali mentre il conte Varasis di Castiglione è il candidato dei clericali: nel primo scrutinio nessuno ottiene la maggioranza, ma al secondo, su 502 votanti Frescot ne ottiene la conferma di 297, avversi i 202 dello sfidante. Nella successiva legislatura, la XII, le elezioni si svolgono l’8 e il 15 novembre 1874, ed i moderati riescono ancora una volta a strappare la maggioranza pur perdendo 30 seggi a vantaggio dell’opposizione di sinistra. Nel collegio di Aosta Frescot la spunta al ballottaggio sull’avversario, il cattolico Alessandro Ceresa di Bonvillaret, con 315 voti contro 245, tra gli 853 aventi diritto al voto.
Filiberto Frescot e la caccia.
are che l’incontro con Rivarossa sia iniziato dal tempo del suo studentato universitario, ma ora, quando il tempo libero tra un dibattito parlamentare a Roma e l’esercizio dell’avvocatura a Torino gli permette di raggiungere il paese, il suo aspetto di persona benestante e socievole non passa certo inosservato. Nel volume scritto a più mani intitolato Rivarossa e dato alle stampe negli anni Settanta del secolo scorso, sono collezionate scarne note biografiche e qualche aneddoto, ricordi orali tramandati che gli autori hanno opportunamente trascritto. Si legge che Filiberto Frescot a Rivarossa abita con la moglie Tilde, e alla cascina Paradiso dirige i lavori agricoli delle sue terre, ma l’autentica passione la nutre per la caccia, a quegli animali che si contano a frotte nella campagna e tra la spessa vegetazione ottocentesca nelle ondulazioni della Vauda e il bassopiano del Malone. L’avvocato si cambia d’abito, il tron in spalla, pronto per essere imbracciato appena i cani snideranno la selvaggina, dopo aver macinato chilometri per prati e boschi in compagnia di amici cacciatori, quelli che hanno per nome Antonio Baraggio (detto Baragiu), Andrea Gindro (Andrêot), Antonio Borlo (Tunên), o Biagio Crosetto (Perulin). Lepri, tassi, volpi, quaglie, pernici, beccacce e ogni sorta di volatile di passaggio, ecco le prede predilette dei tiratori scelti. Con i compagni di battuta venatoria cambia mondo e abitudini, si mescola nel loro pensare e parlare, accantona per un po’ la propria cultura professionale e il censo borghese che gli è suo dalla nascita, diventa insomma il compare confidente. Ad uno dona un fucile da caccia tedesco, ad un secondo sfoggia la cagnetta ricevuta in dono dalla regina madre, ad un altro invece confessa la sua etica professionale: «Come avvocato sono disposto a fare qualunque piacere, ma una sola cosa non sono disposto a fare: difendere i ladri». Talvolta i rivarossesi vengono cordialmente salutati dal suo tono gioviale mentre lo scorgono – distinto e inconfondibile nei baffi cespugliosi − transitare seduto sulla doma guidata da Toni Ciabôt. Eppure anche i galantuomini hanno sovente nemici. Lo prova pure lui a sue spese quel giorno che, per suo intervento, una persona del posto perde una causa per lite. La vendetta colpisce l’uomo di legge: nottetempo, lo sconfitto tronca di netto le viti della vigna accanto alla cascina e lascia un biglietto infisso vicino a un bel grappolo d’uva. C’è scritto: «Se fûsu en dûi lo savrie anche vûi, se fûsu en tre lo savria anche ‘l re, ma ieru mach mi, lo savras mai pì». (Se fossimo in due lo sapreste anche voi, se fossimo in tre lo saprebbe anche il re, ma c’ero soltanto io, e mai lo saprai). Una beffa che ferisce l’amor proprio professionale e lascia il reo impunito. Il deputato, poi senatore, Frescot, diventa cittadino onorario e d’adozione di Rivarossa, e per anni siederà in Comune come consigliere, mettendo la propria competenza al servizio dei problemi locali. Di carattere orgoglioso e ferrigno, le voci riportano che un giorno di riunione viene a diverbio con il dottor Tapparo − marito di seconde nozze di Maria Basso, la «Bela Maria» −, e lo sfida a duello. Agli sbigottiti consiglieri sarà necessaria, più che la forza persuasiva delle argomentazioni, la forza muscolare delle braccia per dirimere il caso a porte chiuse ed impedire epiloghi incresciosi.
Senatore del regno d’Italia.
Nominato amministratore della Società Ferroviaria Mediterranea, nei mandati parlamentari come deputato della Valle d’Aosta Filiberto Frescot promuove in special modo la costruzione della ferrovia in regione, un traguardo raggiunto nel 1886, quando il treno giungerà per la prima volta ad Aosta.
In nome di più titoli, la sua lunga appartenenza come rappresentante della provincia di Torino lo porta però ad occuparsi del territorio. Di questa sua attività pubblica, tra gli scaffali delle biblioteche visitate c’è ben poco: soltanto un opuscolo di una ventina di pagine stampato nel 1879, in cui Frescot patrocina la causa dei comuni di Settimo Torinese, Leinì, Volpiano e San Francesco al Campo, contrari ad un progetto che prevede la deviazione di acque di torrenti a sinistra della Stura per immetterle nel canale Ceronda e destinate alla cittadinanza torinese.
Il salto di qualità tanto atteso Frescot lo compie alle elezioni politiche del 1880, negli anni in cui a governare il Paese si succedono i ministeri guidati ora da Agostino Depretis ora da Benedetto Cairoli, rappresentanti della Sinistra storica, che dal 1876 ha soppiantato la Destra con un programma ambizioso: riforma dell’istruzione, allargamento del suffragio universale e abolizione della odiosa tassa sul macinato sono quelle di maggior impatto sociale.
L’avvocato gode credito e stima nell’ambiente liberal-progressista subalpino, dedotto sia dalla scelta fatta della sinistra liberale di inserirlo candidato nel prestigioso collegio di Torino 2, sia dal rilievo che la «Gazzetta Piemontese» − da poco passata sotto la direzione del deputato liberale Luigi Roux − gli riserva ad ogni occasione, e la seconda di queste interpretazioni è motivata proprio dalla campagna elettorale di quell’anno in vista della consultazione fissata il 16 maggio da Umberto I, dopo le dimissioni del terzo governo Cairoli.
Alla vigilia della competizione la «Gazzetta Piemontese» elenca in prima pagina i candidati. Nel collegio di Caluso la Sinistra liberale presenta Cesare Valperga di Masino; a Casale Monferrato, Giovanni Lanza; a Ciriè, Camillo Colombini; a Cuorgnè, Trofimo Arnulfi; a Ivrea, Germano Germanetti; a Lanzo, Giacinto Cibrario; a Torino 2, Frescot Filiberto. Di quest’ultimo, il foglio torinese scrive: «Filiberto Frescot, liberale, modesto, eletto ingegno, nobile carattere, progressista convinto senza intemperanze, ha dimostrato ancora iersera quanta sia l’onestà del suo carattere e la correttezza dei suoi modi. Le parole generose con cui alluse al suo avversario, on. Lanza, a quegli che disse che gli elettori capaci, ma non censiti di 5 lire “è meglio perderli che trovarli”, quelle parole generose indicano bene quanta dignità sia in quell’uomo; esse sono la più severa lezione ai sarcasmi, alle insolenze, alle smoderate sconvenienze degli avversari. Giovanni Lanza abbia il collegio di Casale per sé. Filiberto Frescot deve essere il rappresentante del 2° collegio di Torino».
Molto esplicita l’arringa a favore del valdostano.
A queste votazioni, cui partecipano 358.258 italiani, pari al 59 per cento degli aventi diritto, la Destra ex cavouriana è ancora battuta. Esulta la «Gazzetta» nel commentare l’esito elettorale: «In Piemonte il partito liberale ebbe una splendida vittoria. Coloro che ci fanno l’onore di richiamare il guardo delle altre provincie a quest’antica culla di libertà e di patriottismo, possono dunque imparare come nel Piemonte viva tuttora saldo e incrollabile l’amore dei principii liberali».
Filiberto Frescot riporta un indubbio successo personale, e il 26 maggio si fa un obbligo di ringraziare i suoi sostenitori con una lettera al giornale: «Agli elettori del 2° collegio. Prima di prendere possesso del mandato che mi volete affidare, sento il dovere di ringraziarvi della dimostrazione di stima e di simpatia che mi avete data e di farvi una dichiarazione. So che nell’elezione di domenica [il ballottaggio del 23 maggio] non è la mia persona, ma un principio che ha trionfato. Il principio della più assoluta indipendenza politica, della fiducia nell’avvenire della causa liberale e democratica; della pubblica prosperità col solo mezzo del lavoro, dell’ordine e delle economie; il sentimento infine della giustizia che deve predominare su tutte le violenze, sotto qualsiasi forma si possano mascherare. Ebbene, questi principii, col vostro aiuto e col vostro conforto, io spero di poterli sempre difendere. Lo considero come pegno d’onore a cui non sarò mai per mancare».
Il suo pegno d’onore dura per l’intera XIV legislatura, poi lascia per dedicarsi esclusivamente alla professione legale. Non del tutto si esclude dal dibattito politico nazionale, nondimeno, perché nel gennaio 1889 re Umberto I lo nomina senatore del regno d’Italia, una carica vitalizia.
La «Gazzetta Piemontese» del 30 gennaio 1889 espone i nomi di alcuni nuovi senatori, con un profilo politico di ciascuno. Accanto a quelli del barone Domenico Carutti, di Cumiana, del conte Cesare Saluzzo di Monterosso, di Saluzzo, dell’astronomo Giovanni Schiapparelli, di Savigliano, figura il nome Filiberto Frescot.
«È un vecchio conosciutissimo giureconsulto piemontese – ricorda il quotidiano −. Rappresentò il Collegio di Aosta dalla XI alla XIII legislatura, sedendo a Sinistra. Intervenne in varie discussioni importanti, dimostrando elevatezza grande d’ingegno e profondità di veduta. Fu sempre fautore grande delle economie e della prudente amministrazione. In questi ultimi anni si era ritirato dalla vita politica e si dedicava unicamente alle cure amministrative come consigliere provinciale e come consigliere della Società ferroviaria Mediterranea. Aveva in Torino avviatissimo studio legale, che lasciò di questi giorni appena».
Per festeggiare la nomina senatoriale, un gran banchetto cui partecipano 140 invitati gli riserva Rivarossa, al poggio del Borgallo.
Tra il suono delle bande musicali canavesane e lo scorrere del vino, il cibo squisito e gli immancabili, ripetitivi, prolungati discorsi dei notabili del posto, è in quella domenica del 14 aprile 1889 che il sindaco di Rivarossa Borghesio propone all’assemblea, applauditissimo, l’intitolazione della via Maestra del paese al neosenatore Frescot. Che ringrazia gli amici, il sindaco e la gente di Rivarossa, poi faceto ammette che nella vita pubblica ci sono dei dolori, ma ci sono anche delle consolazioni, e questa che riscontra al banchetto è vera consolazione.
Quando il 23 aprile 1911 Filiberto Frescot muore all’età di 84 anni, ad accompagnarlo dall’abitazione di via San Dalmazzo a Torino al cimitero monumentale, con i figli adottivi Francesco e Pierina ci sarà uno stuolo di notabili della politica e delle amministrazioni cittadine. Al Senato sarà ricordato dal presidente Giuseppe Manfredinella seduta del 23 maggio come «robusto figlio della Valle d’Aosta», un personaggio «noto e rispettato in tutte le terre piemontesi; uomo a costume de’ virtuosi antichi, che, tra gli arringhi forensi e parlamentari, si deliziava della vita villereccia ne’ suoi piani di Rivarossa, e della cura de’ campi; amico de’ coloni, famoso delle caccie. […]».
Testo concessoci dall’Editore Baima e Ronchetti, già pubblicato sulla rivista Canavèis
Edicola digitale
I più letti
LA VOCE DEL CANAVESE
Reg. Tribunale di Torino n. 57 del 22/05/2007. Direttore responsabile: Liborio La Mattina. Proprietà LA VOCE SOCIETA’ COOPERATIVA. P.IVA 09594480015. Redazione: via Torino, 47 – 10034 – Chivasso (To). Tel. 0115367550 Cell. 3474431187
La società percepisce i contributi di cui al decreto legislativo 15 maggio 2017, n. 70 e della Legge Regione Piemonte n. 18 del 25/06/2008. Indicazione resa ai sensi della lettera f) del comma 2 dell’articolo 5 del medesimo decreto legislativo
Testi e foto qui pubblicati sono proprietà de LA VOCE DEL CANAVESE tutti i diritti sono riservati. L’utilizzo dei testi e delle foto on line è, senza autorizzazione scritta, vietato (legge 633/1941).
LA VOCE DEL CANAVESE ha aderito tramite la File (Federazione Italiana Liberi Editori) allo IAP – Istituto dell’Autodisciplina Pubblicitaria, accettando il Codice di Autodisciplina della Comunicazione Commerciale.