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Atletica leggera
29 Settembre 2025 - 07:41
Marco Airale è un coach professionista di atletica leggera
Nella storia dell’atletica italiana ci sono solo due allenatori che hanno vinto una medaglia individuale nella velocità ai Campionati Mondiali. Il primo è stato Carlo Vittori, con il bronzo conquistato dal leggendario Pietro Mennea a Helsinki nel 1983. Il secondo è Marco Airale, grazie all’argento cinto al collo alcune settimane fa dall’esplosiva velocista britannica Amy Hunt a Tokyo.
La concentrazione di Marco Airale, giovane coach professionista di atletica leggera
Basterebbe questo dato per far capire il livello raggiunto in campo internazionale dall’allenatore professionista di Bosconero, che a soli 34 anni d’età sta scrivendo importanti pagine di storia dell’atletica leggera mondiale. Dietro, però, c’è molto di più. In primis, un amore viscerale per questo sport e per tutte le sue sfaccettature, sbocciato sin da ragazzo, quando da atleta aveva il sogno di essere protagonista un giorno alle Olimpiadi.
La velocista britannica Amy Hunt mostra la medaglia d'argento conquistata ai Mondiali di Tokyo sui 200 metri
La forza di volontà e la caparbietà non sono mai mancate a Marco, così come l’obiettività: una volta capito che raggiungere i Giochi Olimpici da atleta sarebbe stato impossibile, il canavesano si è dedicato sin da giovane all’allenamento nelle file del Gruppo Sportivi Chivassesi, apprendendo i primi rudimenti in Spagna a soli 21 anni dal tecnico iberico Hector Gonzalez e vivendo a 27 anni, nel 2017, un’importante esperienza all’estero, più precisamente in Francia presso la Mentor Academy di coach Antony Yaïch. Un’avventura professionale che ha dato impulso all’attività da allenatore di Marco Airale, che l’anno successivo ha fondato a Chivasso l’Eracle Academy insieme ad Alberto Franceschi.
La chiamata nel 2019 del celebre coach statunitense Randy Huntington per raggiungerlo dall’altra parte del mondo e lavorare con la Nazionale Cinese ha cambiato la sua vita, spalancandogli le porte dell’atletica leggera internazionale di alto livello e permettendogli di vivere da assistant coach l’esperienza ai Campionati Mondiali di Doha. Pochi mesi dopo, l’approdo negli Stati Uniti d’America alla corte del coach americano Rana Reider, allievo di Huntington, che gli ha permesso nel 2021 di realizzare il suo sogno, prendere parte alle Olimpiadi di Tokyo.
Coach Air indica ai suoi atleti la rotta da seguire
A volte, però, i sogni superano addirittura la realtà e in quell’edizione dei Giochi Olimpici Marco Airale ha potuto festeggiare da assistant coach le tre medaglie conquistate dal velocista canadese canadese Andre De Grasse (oro nei 200 metri e bronzo sia nei 100 metri che in staffetta) e il podio della britannica Daryll Neita (bronzo nella staffetta).
Marco Airale e il suo inseparabile cronometro
Risultati straordinari, senza alcun dubbio, ma coach Air puntava ancora più in alto: “Dopo le Olimpiadi di Tokyo ho deciso che fosse il momento di provare a mettermi in proprio e iniziare il percorso da coach professionista. Così ho lasciato gli Stati Uniti e mi sono trasferito in Italia, stabilendo la mia base a Padova, unica sede che poteva offrirmi una pista coperta. In questi anni ho lavorato soprattutto con atleti stranieri, seguendone una ventina provenienti da 10 Nazioni differenti. Dal 2023 ad oggi ho sempre avuto almeno un atleta in finale ai Mondiali e alle Olimpiadi, ma il vero capolavoro è stato la medaglia d’argento conquistata pochi giorni fa ai Mondiali dalla britannica Amy Hunt sui 200 metri, guarda caso proprio a Tokyo, città dove 4 anni fa ho fatto il mio debutto ai Giochi Olimpici. Non credo molto alle coincidenze, ma si vede che doveva andare così”.
Coach Air scherza durante un allenamento con Amy Hunt
Una medaglia storica per Marco Airale e per tutto il Team Air, guidato dall’allenatore di Bosconero e composto da due assistant coach e tre fisioterapisti, due dei quali sono di Chivasso, Stefano Pich e Lorenzo Amodeo, ex atleti ai tempi dei suoi inizi da coach. Vedere il suo nome affiancato a quello di Carlo Vittori è un qualcosa da lasciare senza fiato: “Ad essere sincero non mi sono ancora reso conto dello storico risultato raggiunto. Quando entri nel professionismo sogni momenti come questi e mi sono posto l’obiettivo di arrivare sempre alle finali: poi qui è l’atleta che deve tirare fuori qualcosa in più e fare la differenza. Quella di Amy è la mia prima medaglia individuale ai Mondiali e posso dire che se dovessi terminare oggi la mia carriera sarei pienamente soddisfatto. Ma non è ancora giunto il momento: voglio continuare ad aiutare gli atleti a realizzare i loro sogni. Io il mio l’ho raggiunto e avercela fatta a 34 anni mi rende orgoglioso”.
Marco Airale e il suo assistente allenatore Marco Buccioli con le velociste portate a Tokyo: Maboundou Konè, Amy Hunt, Ina Montt e Julia Henriksson
La strada che conduce al successo è tutta in salita e comporta sacrifici, rinunce: “Il lavoro dietro le quinte è tanto, porta via tempo ed energie. I sacrifici sono quelli che non si vedono: essere sempre via da casa, non avere la possibilità di stare vicino ai propri cari, dedicare interamente la propria vita al progetto e alla crescita professionale. Il livello dell’atletica leggera mondiale è altissimo, bisogna restare sempre aggiornati (da pochi mesi ha conseguito una Laurea Magistrale in Coaching Sportivo alla St. Mary's University di Londra, ndr), affidarsi all’analisi dei dati ed a tecnologie all’avanguardia. Sono tutte fasi, queste, che non possono essere assolutamente tralasciate nel lavoro quotidiano”.
Il coach di Bosconero celebra la Laurea Magistrale in Coaching Sportivo
Nel suo straordinario percorso da coach non sono mancate le scelte difficili, come quella di dover lasciare l’Italia per inseguire il suo sogno: “Un terzo dell’anno lo trascorro all’estero insieme agli atleti e allo staff per preparare al meglio gli appuntamenti stagionali. Mi aveva colpito un’intervista di Renzo Piano che invitava i giovani ad andare all’estero, imparare, apprendere e poi tornare in Italia e cercare di fare qualcosa per il loro territorio. E’ lo stesso consiglio che mi sento di dare ai giovani allenatori di oggi: prendete e partite. Mi piacerebbe essere d’esempio: è possibile farcela, ma bisogna andare all’estero e confrontarsi con realtà di eccellenza”.
Coach Air sta ricaricando le pile in vista della nuova stagione
A differenza di altri sport, la copia della medaglia d’argento conquistata da Amy Hunt non è stata data anche al suo allenatore, che si è dovuto accontentare di una tazzina giapponese da sakè. Marco ci scherza su e sposta subito l’attenzione sui prossimi importanti obiettivi: “Altro che medaglia, noi allenatori lo facciamo per la gloria e basta! Ora per qualche settimana potrò restare a casa e riposare, poi dal 10 novembre prenderà il via la nuova stagione e guarderemo avanti. Sto cercando di dare un’identità al mio gruppo, il Team Air, e l’obiettivo principale sarà quello di ‘galleggiare’ in questo mondo dell’atletica di alto livello fino a Los Angeles 2028 e chissà, una volta alle Olimpiadi, sperare in una medaglia anche qui”.
Coach Air insieme alla sprinter Amy Hunt
Continuando a lavorare duramente ogni giorno con passione e professionalità, nessun traguardo può essere precluso a questo giovane allenatore che sta vivendo il suo sogno ad occhi aperti e sta permettendo a tanti atleti stranieri di migliorarsi e di inseguire i loro ambiziosi obiettivi. Lo sport ad altissimi livelli è questo: persone provenienti da tutto il mondo che si allenano e faticano insieme, condividendo idee ed esperienze, in armonia e sintonia. Se è vero che lo sport è una metafora della vita, abbiamo tutti sempre più bisogno di sport come lo intende Marco Airale nelle nostre vite.
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