"Ci saranno delle conseguenze". E a rimetterci sarà "tutto l'ambiente". E' in due riunioni a giugno del 2017 a cui partecipano i capi della curva che le minacce degli ultrà della Juve nei confronti della società, colpevole di aver tagliato biglietti gratis e agevolazioni, prendono forma. E rappresentano il culmine di quella che il gip Rosanna Croce, nelle 112 pagine di ordinanza con cui ha spedito in carcere i vertici del tifo organizzato, definisce una "pesantissima attività estorsiva" nei confronti della società bianconera. I protagonisti sono volti notissimi nel mondo ultrà. C'è 'il presidente' 'Dino' Mocciola, leader dei Drughi ma soprattutto un curriculum criminale di tutto rispetto: una condanna per l'omicidio di un carabiniere durante una rapina, 4 daspo, la sorveglianza speciale per esser stato "interlocutore privilegiato" di esponenti della 'ndrangheta interessati al business dei biglietti per le partite della Juve. E ci sono i suoi 'colonnelli' Salvatore Cava detto 'Corona, Sergio Genre e Domenico Scarano, e il 'lanciacori' Luca Pavarino. E' lui che fa partire gli insulti contro Koulibaly in Juve-Napoli che costano un turno di chiusura della curva e 10mila euro di multa alla società. Ma ci sono anche Umberto Toia, capo di 'Tradizione', Roberto Drago e Fabio Trincherio dei 'Viking', Cristian Fasoli del 'Nucleo 1985' e Giuseppe Franzo, che formalmente non appartiene a nessun gruppo ma è una sorta di loro portavoce. E' proprio quest'ultimo, assieme a Fasoli, Trincherio, Drago e Toia, ad incontrare il 7 giugno del 2017 Alberto Pairetto, responsabile dei rapporti con i tifosi per la società, la cui denuncia farà partire l'inchiesta. Ed è Pairetto che racconta ai pm cosa gli rispondono gli ultrà quando gli comunica che non ci saranno più favori. "Allora si torna ai vecchi metodi" dice Toia. Quali? Proteste fuori lo stadio e davanti alla sede della società, disturbo degli allenamenti, fumogeni in campo e cori razzisti. Al secondo incontro, il 21 giugno, c'è anche Cava, che porta le richieste arrivate dal 'Presidente': 25 biglietti a gruppo, un borsone con materiale sportivo, inviti alle feste istituzionali. Ed è sempre lui ad esplicitare le minacce. "A queste condizioni non ci stiamo e ve l'andate a prendere in culo - lo sentono dire gli investigatori - L'andate a pagare questa cosa...siete proprio...dei pezzi di merda...noi ti mettiamo in condizione a dirci no...bon..., allora, allora, non scherzate troppo se siete quotati in borsa". Cava spiega anche quale sia l'intenzione degli ultrà. "Non è che andiamo con la violenza... diglielo a quelli li'...non è che andiamo e li picchiamo...ma glieli facciamo cagare di brutto 'sti soldi". E che le minacce siano rivolte ai vertici della società non c'è alcun dubbio. "Facendo così non so se si rendono conto i signori dei piani alti che si crea un punto di non ritorno che non fa bene sicuramente - aggiunge Trincherio - ...ci saranno delle conseguenze ma non conseguenze nel senso gambizzazioni, così violente...ci rimette tutto l'ambiente". In sostanza, scrive il Gip, tra i capi ultrà vi era "un accordo diretto a controllare le azioni poste in essere nel corso delle partite giocate dalla Juve, un cosiddetto 'cartello'" creato dai gruppi per imporre la loro "forza intimidatrice". Che non risparmiava nessuno: società, tifosi 'normali' e anche altri gruppi organizzati. Di tutto questo era ben consapevole anche il presidente bianconero Andrea Agnelli, che ai pm spiega come la denuncia di Pairetto rappresenti un "punto di rottura" con il passato. "Alle loro richieste - mette a verbale - la società è stata costretta ad aderire, consapevole delle possibili conseguenze negative come cori razzisti ed altre condotte idonee e a comportare sanzioni pecuniarie, squalifiche o la chiusura della curva".
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