Nuova richiesta di rinvio a giudizio per Davide Vannoni, padre della cura Stamina. A chiederlo è la Procura di Torino in un nuovo filone di indagine sulla controversa metodica. L'udienza preliminare si aprirà a luglio e gli accertamenti sono legati all'applicazione della terapia all'estero, in Georgia, su una decina di pazienti. Insieme a Vannoni, sono indagati anche la biologa Erika Molino, sua storica assistente, e Rosalinda La Barbera, mamma di una bimba affetta da una grave patologia, da anni paladina del diritto di poter scegliere la metodica. I reati contestati, a vario titolo, sono associazione per delinquere, truffa, somministrazione di farmaci imperfetti somministrazione di farmaci in modo pericoloso e esercizio abusivo del commercio di queste sostanze. Nell'aprile dello scorso anno, Vannoni era stato arrestato dai carabinieri del Nas di Torino con l'accusa di avere ripreso a Tblisi l'attività di Stamina, per la quale aveva patteggiato una pena a un anno e dieci mesi, con la condizionale, impegnandosi a rinunciare a qualsiasi iniziativa che gli permettesse di proseguire l'applicazione della controversa terapia. "Stamina in Georgia era assolutamente legale", aveva spiegato davanti al gip. "Io non ho partecipato a nessuna attività di reclutamento dei malati. La clinica Mardelashvili Centre, a Tbilisi, era provvista di tutte le autorizzazioni necessarie e ospitava Stamina in virtù di un contratto di collaborazione con la società Big Tech - di cui Vannoni era uno dei soci - che a sua volta operava con un medico e due biologi del posto". Il governo georgiano, dopo aver ricevuto una segnalazione dal Ministero della Salute italiano, il 3 dicembre 2016 bloccò l'attività. Quando è stato arrestato dai carabinieri, piombati nella sua casa di Moncalieri, sembra che Vannoni fosse sul punto di partire all'estero per promuovere la terapia già bocciata da giudici e autorità sanitarie. "La Procura ha deciso di impugnare la decisione del Tribunale del Riesame, che ha già rigettato la richiesta di sequestro", spiega l'avvocato difensore Liborio Cataliotti. E aggiunge. "Vannoni aveva messo in preventivo la richiesta di rinvio a giudizio. Se l'aspettava, ma di certo non ostenta tranquillità".
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