C'è un avversario in più, nella campagna elettorale del Partito democratico. Ed è la sensazione, che i sondaggi rischiano di consolidare anche nella base Dem, che la battaglia sia già persa. Perciò Matteo Renzi e Paolo Gentiloni, a cinquanta giorni dal voto, fanno partire la fase d'attacco. "Io non accetto da nessuno, innanzitutto da me stesso, un solo passo indietro su questa sfida. Ieri Paolo Gentiloni ha fatto benissimo a ricordare l'importanza del passaggio del 4 marzo", scandisce il segretario. E affida al premier, accreditato dagli osservatori come il candidato più probabile alla guida del governo in caso di larghe intese, il messaggio che la battaglia va combattuta fino in fondo, perché un governo non nascerà da "inerzia o alchimie": se il Pd va male rischia di non dare le carte o peggio, non entrare in partita. "Matteo e Paolo" (così li chiama Graziano Delrio, dal palco del Lingotto, per lodarne i risultati) deludono dunque per ora chi, tra gli stessi Dem oltre che tra commentatori come Massimo Cacciari, spera che Renzi faccia un passo di lato in favore di Gentiloni, lanciando la sua candidatura a Palazzo Chigi. Il premier, come è chiaro ogni giorno di più, è pienamente in campo, ma sugli scenari del "dopo" prova a stoppare sul nascere ogni discussione. Così come Renzi nega dualismi: "Non è la partita di qualcuno, è una partita di squadra. Ecco perché non è importante qual è il nome che va a palazzo Chigi ma che sia del Pd. Saremo una squadra, dal primo all'ultimo giorno". Occhi fissi sul campagna elettorale, dunque. C'è da portare a casa il risultato e tentare a fare il contrario di Bersani, che nel 2013 in cinquanta giorni dilapidò un tesoretto di "11 punti di vantaggio" nei sondaggi con la non-vittoria. E si cerca di valorizzare sensibilità e accenti diversi tra le due "punte" Dem: mentre il premier scommette sulla coalizione, il segretario si spende per il Pd; mentre Gentiloni rimarca credibilità e serietà, Renzi picchia duro sull'incompetenza degli avversari. Complementari per ora, nella corsa al voto. Il premier annuncia che nel programma ci sarà anche un tema "poco affascinante" come la riduzione del debito e il segretario spiega che sarà la proposta numero cento di una lista di cose fatte e obiettivi futuri che al primo posto pone il lavoro e il salario minimo. Mercoledì in direzione l'ex rottamatore, che corre per il suo primo mandato in Parlamento, metterà ai voti le deroghe per premier, ministri, capigruppo e una manciata di parlamentari Dem che hanno superato i 15 anni di mandato. Entro il 19 si punta a chiudere sulla coalizione, per arrivare intorno al 25 alla stretta finale sulle liste, che agitano il corpaccione del partito. "Se qualcuno di voi non sarà candidato ci aspettiamo il doppio dell'impegno", ammonisce Renzi, davanti alla platea degli amministratori locali Dem. E dal Nazareno smentiscono seccamente l'ipotesi, circolata in Toscana, che i verdiniani possano finire nella coalizione del Pd.
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