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18 Maggio 2017 - 17:25
Aula di tribunale
"Ho lavorato tanto su me stessa, per non essere schiacciata da questa tragedia, ora mi sento abbandonata dal mio Stato...". Parla così Roberta, la torinese rapinata e stuprata a cui il tribunale di Torino ha negato il risarcimento dello Stato. La donna è difesa dagli avvocati Stefano Commodo e Gaetano Catalano, dello studio Ambrosio & Commodo.
"Il fatto che il reo sia detenuto non comporta automaticamente che questi fosse privo di redditi in precedenza o che non sia titolare di crediti, beni mobili o immobili potenzialmente aggredibili". Lo scrive il tribunale di Torino nella sentenza con cui ha negato a una donna vittima di violenza sessuale l'indennizzo da parte dello Stato.
"E' necessario - osserva la giudice Anna Castellino - verificare se la parte attrice ha dimostrato la sussistenza dei presupposti per la tutela dei diritti riconoscibili dalla direttiva non attuata dallo Stato. Incontestato è che lei sia stata 'vittima di reati intenzionali e violenti', ma tale requisito non è tuttavia da solo sufficiente per ritenere che la donna sia titolare del diritto a ottenere un indennizzo a carico dello Stato". La giudice afferma che in base alla direttiva Ce "l'indennizzo a carico dello Stato è dunque cogente solo in presenza del presupposto dell'impossibilità di esercitare la pretesa nei confronti del responsabile in quanto incapiente o non identificato", e aggiunge che la difesa interpreta la norma in modo che ricorda "la tutela offerta dall'Inail con diritto di rivalsa nei confronti del responsabile".
La giudice osserva che gli avvocati della donna si sono limitati ad affermare che il condannato è detenuto e "privo di qualsiasi sostanza" e replica che "difetta non solo un qualsivoglia tentativo di escussione, ma altresì un principio di prova documentale attestante indagini patrimoniali negative".
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