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06 Marzo 2017 - 18:41
cannabis terapeutica
"Sul contrasto alla diffusione delle cosiddette droghe leggere abbiamo perso la partita" anche per colpa di una normativa che è stata "un fallimento totale"; tanto varrebbe, allora, rinunciare a considerare illegale la cannabis.
Lo ha detto Andrea Padalino, sostituto procuratore a Torino, nel corso di un incontro di aggiornamento professionale per avvocati organizzato dal Consiglio dell'ordine delle toghe subalpine.
"Mi rendo conto - ha affermato - che è un discorso che fa rabbrividire. Ma conosciamo gli effetti sulla salute di sostanze lecite come alcol e tabacco, e non dobbiamo nasconderci dietro un dito. In tutta Europa otto sequestri di droga su dieci sono di cannabis e derivati. Il nostro procuratore nazionale antimafia parla di battaglia persa. Una battaglia che però continua a richiedere un enorme impegno delle forze dell'ordine".
L'incontro era rivolto all'analisi del panorama normativo antidroga alla luce degli ultimi interventi di Consulta e Cassazione: "si è creato un caos giuridico", ha denunciato il moderatore del dibattito, avvocato Domenico Peila, dove fra l'altro mancano regole precise per determinare quale sia la soglia della "lieve entità" del fatto in base alla quantità della droga. "Le sentenze - è stato detto - cambiano da città a città, e da giudice a giudice. Non è accettabile"'.
Padalino ha però chiamato in causa anche "il cinismo del legislatore", che in un'alternanza fra "criminalizzazione totale" e necessità di "svuotare le carceri" ha contribuito a creare una "situazione impossibile da controllare". A Torino gli arresti in flagranza per spaccio sono passati dai 679 del 2014 ai 977 del 2016, e nel solo mese di gennaio del 2017 sono stati 91. Ma la metà viene scarcerata subito in base a un intreccio di norme che impedisce la custodia cautelare per la "lieve entità".
"Oggi - ha rivelato il colonnello Emanuele De Santis, comandante provinciale dei carabinieri a Torino - i pusher hanno imparato ad adottare tecniche operative efficaci: lavorano in gruppi, si dividono i compiti, non tengono addosso grandi quantità di droga, a volte consegnano a domicilio. Non sempre possiamo dimostrare l'esistenza di un vincolo associativo fra di loro, e il possesso di una lieve quantità di stupefacente spesso porta alla scarcerazione. L'impressione è che a volte nelle aule di tribunale non venga percepita la difficoltà di chi opera sul campo. Una norma più efficace dal punto di vista repressivo, anche se ovviamente non è solo questo il terreno su cui si deve lavorare, sarebbe più aderente alla realtà. Noi comunque continueremo a fare il nostro lavoro".
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