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TORINO. Riso: Piemonte, con boom import a rischio 'risaia Italia'

TORINO. Riso: Piemonte, con boom import a rischio 'risaia Italia'

Con il boom di importazioni a dazio zero, la 'risaia Italia' rischia di chiudere bottega. Lo sostengono le organizzazioni agricole del Piemonte che, con i suoi 70 mila ettari di coltivazioni, 1.100 aziende e una produzione di oltre 5 milioni di quintali, è la realtà risicola più importante d'Italia. "A preoccupare - spiega Delia Revelli, presidente di Coldiretti Piemonte - oltre all'ingente quantità delle importazioni, è la qualità del riso che arriva sulle nostre tavole. Il riso italiano è penalizzato dalla mancanza di trasparenza sull'origine in etichetta. E' necessario renderla obbligatoria, per evitare che venga spacciato per italiano il riso straniero e progettare delle filiere 100% del territorio, a tutela anche della salute dei consumatori".

Domani a Novara Cia e Confagricoltura delle province risicole (Novara, Vercelli e Pavia) spiegheranno la mobilitazione in una conferenza stampa. "Dal 2009 - spiegano - le sole importazioni dai paesi Pma (meno avanzati, ndr) sono aumentate del 4.400% per il riso lavorato e del 5.650% per il risone; nel 2016 nella Ue è arrivata la cifra record di 1,4 milioni di tonnellate".

Cia e Confagri propongono 4 mosse per "ridare prospettive al settore risicolo italiano "è necessario - sostengono - che sia messo uno stop immediato a ulteriori concessioni tariffarie sul riso; applicare, nei confronti delle importazioni dai Pma, la clausola di salvaguardia prevista dalle regole comunitarie; il varo urgente di norme che rendano chiaramente riconoscibile l'origine del riso confezionato; un adeguato finanziamento di un programma di promozione del riso italiano".

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