La 'ndrangheta esiste e colpisce anche in Piemonte. Una nuova 'locale', dopo le 13 emerse nelle inchieste 'Minotauro', 'Colpo di coda', 'Exodus' e 'Albachiara' è stata sgominata dalle forze dell'ordine con un blitz avvenuto all'alba di venerdì scorso, condotto congiuntamente da polizia, carabinieri e guardia di finanza. I numeri del provvedimento firmato dal Gip Stefano Vitelli, sono da incubo e si contano 84 capi di imputazioni e 32 indagati. Quindici le persone finite in carcere. Si aggiungono una ultrasettantenne finita ai domiciliari e l'obbligo di firma per altre due persone. Tutte, secondo l'ipotesi degli investigatori, aderivano a due gruppi di ‘ndrangheta che avevano base a Santhià e a Montanaro e legami stretti con altre cosche torinesi. Tra gli episodi documentati dalle indagini ci sono incendi, danneggiamenti, pizzo pagato da gestori di locali (in particolare notturni), ma anche un tentato omicidio avvenuto a Volpiano nel 2014 e un sequestro risalente al 2010, mai denunciato né dalla vittima né dai familiari, di un imprenditore del Novarese, emerso dalle intercettazioni. Per questo e per altri casi gli investigatori hanno dovuto scavalcare muri di omertà e reticenza: le uniche denunce presentate sono riconducibili a incendi e danneggiamenti che avevano comportato l'intervento delle forze dell'ordine, ma successivamente nessuno aveva mai avuto il coraggio di ammettere di avere subito intimidazioni. Per quanto riguarda i locali notturni, gli investigatori parlano di “vera e propria guardiania”, ma anche in questo caso tutti hanno negato di aver mai pagato l'organizzazione.
Il tentato omicidio di Volpiano
Era il 23 luglio del 2014 e Antonio Tedesco, 47 anni, autotrasportatore, di San Benigno, già finito in carcere per storie di armi e reati contro il patrimonio, era lì, steso a terra e tutto insanguinato, nei pressi del muro di cinta del centro sportivo di Volpiano. Accoltellato alle gambe, alle braccia, alla schiena e all’arteria femorale. “Non so chi sia stato a colpirmi. Stavo passeggiando” aveva raccontato ai carabinieri e non aveva aggiunto altro. Si è scoperto solo adesso che cosa c’era dietro a quella aggressione. Ed erano gli interessi di quella ’ndrangheta che come l’araba fenica, era desiderosa di tornare ad impadronirsi di un territorio desertificato dalle inchieste “Minotauro” e “Colpo di Coda”. Non si conoscono i “sicari”, ma i mandanti quelli sì. E sono Saverio Dominello, 61 anni, e il figlio Rocco, 40 anni, di Montanaro, già finiti nel lungo elenco di arrestati nell’indagine “Colpo di Coda”. Erano stati loro ad attirare Tedesco nel luogo dell’aggressione. All’origine dello scontro, la gestione di un locale notturno, il Circolo Hamony Suite 229 di Brandizzo, di proprietà di un parente di Antonio Toscano, indebitato con i Dominello. In base alle ricostruzioni di polizia Tedesco si sarebbe intromesso nella lite che si sarebbe dovuta concludere - ed è poi finita come sappiamo - con un incontro risolutore
Quelli che pagavano il pizzo
Tra le attività preminenti della locale di Santhià (VC), con un giro d’affari di parecchie centinaia di migliaia di euro, c’era la «guardianìa» di alcuni locali notturni e decine di attività commerciali. Il pizzo insomma in cambio della protezione, come nei film sulla mafia siciliana. Le conferme sono arrivate dalle intercettazioni e nell’elenco figurano il Crazy Horse di Cigliano, l’Asd Seven Club di Casale, il bar Nemesi di Cavaglià e, a Santhià, il bar della stazione Agip di via XXV Aprile, il Bar ristorante Isabella, il Caffè “Crema di Gelato” e “Io Auto Noleggio”. I titolari hanno sempre negato di essere vittime di estorsione, ma oggi si sa che tutti erano obbligati a versare «somme periodiche», per evitare di vedersi incendiare i locali. Decine le azioni di ‘ndrangheta raccolte nell’ordinanza. Si riacconta di quella volta che a Santhià avevano riempito di zucchero il serbatoio di benzina della titolare di un bar e di quell’altra volta che con tre colpi di pistola avevano mandato in frantumi le le vetrine di di un negozio. Entravano... Chiedevano i soldi e a volti se ne andavano via passando il dito sotto il mento, bisbigliano “ti taglio la gola”. A coordinare il tutto Diego Raso, 37 anni, residente a Cavaglià. Aveva promesso una molotov anche a un bar di Santhià, che si era rifiutato di “collaborare”. Non a caso la famiglia Raso già artefice, nel 2010, di un’estorsione ai danni di un immobiliarista di Novara minacciato più volte in modi espliciti (“Oggi ti avrei dovuto portare in un posto dove saresti rimasto...”, “C’è solo un posto dove puoi andare e non ti possiamo prendere: in Papuasia.”) e sottoposto addirittura ad un sequestro lampo. Oltrea a Diego Raso sono stati arrestati i fratelli Antonio Raso, 72 anni, detto “Tartagna” , Giovanni Raso, 52 anni detto Rocco, un altro Giovanni Raso di 48 anni e Enrico Raso di 45 anni.. All’elenco si aggiunge Antonio Miccoli.
La casa a Viverone
Tra i tanti reati contestati dalla Procura di Torino a Giovanni, detto Rocco Raso anche quello di aver aiutato due latitanti (Domenico Scordo e Giovanni Morabito) ospitandoli a proprie spese in un alloggio di Viverone, in viale Lido, 17.
Il pizzo lo pagavano anche a Torino
Tra i locali costretti a pagare il “pizzo” anche il Cacao del Valentino a Torino. Due gli indagati, Fabio Farina e Giuseppe Selvidio, accusati di aver sparato alcuni colpi di pistola contro il cartello del locale, la notte del 23 maggio 2103, dopo una lite con la security. E non finisce ancora qui. Tra gli indagati per spaccio di droga e altri capi di imputazione figurano Antonio Agresta, 43 anni, di Volpiano e Francesco Macrì, anche lui di Volpiano, beccato un paio di settimane fa, con 90 grammi di cocaina custoditi in un cellophane nascosto sotto il tappetino della propria auto. S’aggiunge Mauro De Rosa, 35 anni residente a Chivasso e legato alla cosca dei Raso.
Le nuove cosche piemontesi
Le indagini sono state condotte da diverse forze di polizia e anche dai carabinieri della Compagnia di Chivasso, attraverso la stazione di Volpiano. Nella nuova geografia della ‘ndrangheta, il vercellese è oggi in mano agli esponenti della cosca Raso-Gullace-Albanese della “locale di Santhià”, l’area a nord di Torino (Volpiano, Brandizzo e Chivasso) con i Dominello alla cosca Pesce Bellocco di Rosarno. Tra le attività illecite, oltre al pizzo, anche il bagarinaggio dei biglietti delle partite della Juventus attraverso Rocco Dominello, introdotto nella dirigenza del club bianconero ed all’interno delle tifoserie. Nell’uno e nell’altro caso i responsabili hanno dichiarato alle forze dell’ordine di non aver mai avuto il benchè minimo sospetto. Per loro Dominello era un facoltoso imprenditore e grande tifoso della Juventus, tanto è vero che non mancava mai ad una partita e sempre in curva...
Due nuove “locali”
Custodia in carcere
Agresta Antonio, classe 1973, Volpiano Raso Giovanni “Rocco”, classe 1963, Dorzano (BI) Raso Giovanni, classe 1967, Dorzano (BI) Raso Enrico, classe 1971, Cavaglià (BI) Raso Diego, classe 1979, Cavaglià (BI) Di Mauro Cosimo, classe 1977, Cavaglià (BI) Miccoli Antonio, classe 1978, Cavaglià (BI) Avenoso Giuseppe, classe 1958, Cavaglià Sgrò Giuseppe, classe 1958, Torino Di Corrado Angelo, classe 1972, Torre di Mosto (VE) Dominello Saverio, classe 1955, Montanaro Dominello Rocco, classe 1976, Montanaro Germani Fabio, classe 1975, Chivasso Operta Suvad, classe 1979, irreperibile
Obbligo di firma
Farina Fabio, classe 1984, Nichelino Selvidio Giuseppe, classe 1982, Nichelino Marcello Giuseppe, classe 1987, Nichelino
Arresti domiciliari
Raso Antonio, classe 1942, Dorzano (BI),
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