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12 Febbraio 2016 - 15:16
Gianna Pentenero
D'ora in poi in Piemonte sarà possibile conseguire in apprendistato qualunque titolo di studio, dalla maturità classica al dottorato di ricerca. Lo rende fattibile un'intesa firmata oggi nella sede della Regione, che ha messo insieme imprenditori, sindacati, mondo accademico e mondo della scuola. Il Piemonte sarà così la prima Regione italiana a sperimentare per due anni questa particolare possibilità di studiare lavorando, prevista dal Jobs Acts.
La Regione Piemonte, che con l'assessore al Lavoro e Formazione Gianna Pentenero è stata regista dell'operazione, mette a disposizione 72 milioni di euro. L'obiettivo è rendere l'apprendistato più appetibile per le imprese perché meno costoso è più sburocratizzato, e nel contempo combattere la dispersione scolastica, che oggi si attesta sul 17%.
"Finora - ha osservato Pentenero - l'apprendistato veniva vissuto come uno strumento complicato e difficile. Il provvedimento che oggi firmiamo racchiude invece in modo semplice tutte le tipologie di apprendistato. L'obiettivo è riuscire a coinvolgere nel progetto circa 100 mila giovani".
L'iniziativa si rivolge ai ragazzi fra i 15 e i 29 anni, che potranno accedere a due tipi di apprendistato. Quello di primo livello per conseguire il diploma professionale, il diploma di istruzione secondaria superiore, e il diploma di specializzazione tecnica superiore. E l'apprendistato di alta formazione, che arriva fino alla laurea triennale, al master e al dottorato di ricerca.
"Le imprese - ha rimarcato in occasione della firma il sottosegretario al Lavoro Luigi Bobba - non avranno alcun obbligo di assumere l'apprendista, e il nuovo contratto costerà il 60-65% in meno del precedente, perché si pagheranno solo le ore di lavoro fatte dall'apprendista e non quelle di formazione esterna, mentre la formazione interna sarà pagata al 10%. Così facendo si mira a rendere più stringente il collegamento fra mondo dello studio e realtà del lavoro".
Soddisfazione è stata espressa dai sindacati, dalle associazioni datoriali, dal mondo della scuola e da quello accademico. Lo sforzo comune messo in campo è visto da tutti anche come un mezzo per favorire l'innovazione e quindi la competitività delle imprese, incluse le piccole che senza questo strumento non potrebbero permettersi di avere alle proprie dipendenze un giovane ricercatore.
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