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04 Febbraio 2016 - 17:44
Corte dei conti
Era intervenuta la Corte europea di Strasburgo per i diritti dell'uomo sul campo nomadi di Lungo Stura Lazio, a Torino, per le irregolarità su cui è ora in corso un'indagine della guardia di finanza. I giudici, lo scorso 18 marzo, bloccarono lo sgombero della baraccopoli affermando che le autorità locali non avevano risolto il problema delle nuove soluzioni abitative per gli occupanti.
Lo sgombero era stato disposto dal tribunale di Torino nel 2013 e per la ricollocazione dei rom era stato varato un piano, chiamato "La città possibile", da cinque milioni di euro.
Secondo alcune onlus che si occupavano della questione, però, le operazioni non erano gestite con trasparenza.
Il 31 marzo 2015, esaminati i rapporti arrivati da Torino, la Corte ha fatto ripartire l'iter per lo sgombero, che oggi è sostanzialmente terminato.
"Quel progetto ha funzionato poco e ho l'impressione che si sia tradotto in un grande spreco di denaro". Lo afferma l'avvocato Gianluca Vitale in merito al piano di ricollocazioni abitative dei nomadi che, a Torino, hanno dovuto lasciare il campo rom di lungo Stura Lazio. Sulle modalità di attuazione del piano è in corso un'inchiesta della procura e della Guardia di finanza.
Vitale è l'avvocato che, per conto di cinque famiglie di nomadi, si era rivolto alla Corte di Strasburgo per bloccare lo sgombero del campo, ottenendo ragione.
Secondo fonti vicine alle onlus che si occupano del problema, parecchi dei rom allontanati da lungo Stura Lazio si sono semplicemente trasferiti in un altro campo abusivo, quello di via Germagnano. "Molti degli alloggi - aggiungono - erano in pessime condizioni. Chi vi si era installato, per giunta, è stato pure allontanato".
L'avvocato Vitale denuncia inoltre degli intoppi burocratici: "Proprio nei giorni scorsi mi è capitato di discutere in tribunale il ricorso di un nomade fermato perché risultava privo di residenza: eppure il suo nome rientrava in quelli inseriti nel progetto di reinserimento".
"Se davvero dal mio esposto sono partite perquisizioni e avvisi di garanzia per turbativa d'asta e abusi edilizi, significa che anche la Procura e la Guardia di Finanza sospettano che dietro l'appalto rom ci sia un business torbido per il solito circuito di cooperative e associazioni bianche e rosse". E' quanto afferma Maurizio Marrone, consigliere comunale a Torino di Fratelli d'Italia.
"Noi - aggiunge - siamo fieri di aver tirato la prima picconata ad un sistema di potere e di guadagno che sotto la guida politica del centrosinistra ha continuato a macinare milioni di euro pubblici sul buonismo verso gli zingari anche dopo la nostra denuncia in Comune. Altro che trionfalismi fuori luogo del Sindaco Fassino sull'operazione svuotamento Lungo Stura. Ora vogliamo verità e giustizia".
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