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03 Febbraio 2016 - 20:47
"La critica, anche politica, deve pur sempre fondarsi sull'attribuzione di fatti realmente accaduti, non essendo lecito criticare qualcuno attribuendogli una condotta che in verità non ha tenuto". E' sulla base di questo principio che il giudice Paola Rigonat, del tribunale di Torino, lo scorso 26 novembre ha condannato il senatore Stefano Esposito (Pd) con l'accusa di avere diffamato quattro esponenti No Tav. Lo si legge nelle motivazioni della sentenza.
Esposito, in un articolo sul proprio blog, l'8 dicembre 2011 aveva indicato in alcuni attivisti (e di esponenti del centro sociale Askatasuna) "gli autoproclamati leader di questo movimento che hanno pianificato e diretto le azioni violente" della stessa giornata contro il cantiere di Chiomonte. Le quattro parti civili, però, non furono denunciate dalle forze dell'ordine per quell'episodio: la testimonianza di un funzionario della Digos, secondo cui almeno due delle persone citate da Esposito nell'articolo (una delle quali fu poi effettivamente indagata) avevano avuto "mansioni di coordinamento dei manifestanti", è stata giudicata "molto imprecisa". In ogni caso - afferma il giudice - "se le parti civili avessero avuto un ruolo organizzativo e di direzione degli scontri sarebbero stati senza dubbio deferiti all'autorità giudiziaria". La conclusione è che "il diritto di critica può essere invocato solo se fondato su fatti storicamente veri".
Il senatore - che al processo ha rinunciato all'immunità parlamentare - ha spiegato di essersi basato sulle informazioni che gli venivano fornite per telefono "in tempo reale" da persone di cui non ha voluto fare il nome.
Esposito è stato condannato a 600 di multa. Inoltre dovrà risarcire due delle parti civili con cinquemila euro ciascuna; ad altre due dovrà versare la stessa somma ma a titolo di provvisionale.
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