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Per chi suona la campana

Il minimo sindacale di monsignor Roberto Repole

Difende la centralità di Cristo, scatenando il dibattito tra fede tradizionale e nuove spiritualità

L'arcivescovo di Torino Roberto Repole

L'arcivescovo di Torino Roberto Repole

E così, alla vigilia di Ferragosto, l'arcivescovo di Torino, Roberto Repole, è stato rimbrottato dal «teologo» Vito Mancuso, ex prete e prediletto del cardinale Carlo Maria Martini, perché, secondo lui, il presule crederebbe ancora che solo Cristo ci salva, mentre invece, a parere dell'idolo dei salotti radical-chic, Gesù sarebbe solo un maestro del buon senso comune, come Gandhi, Buddha, ecc., e, al massimo, potrebbe collaborare con loro nel pantheon di tutte le religioni: quindi «meno cristianesimo e più spiritualità», meditazione, yoga e psicoanalisi, all'insegna del «volemose bbene».

Così le Olimpiadi – diciamo noi – o meglio le Macroniadi, bene hanno fatto a parodiare l'Ultima Cena mettendo Dionisio nel cenacolo.

Non è forse anche lui un dio, il dio delle orge pagane?

L'arcivescovo di Torino Roberto Repole

Ma cosa aveva poi detto monsignor Repole di così grave, tanto da far arrabbiare il suo collega «teologo»?

Semplicemente, di credere «fermissimamente» in ciò che dice Pietro nel libro degli Atti degli Apostoli: «Non c'è nessun altro nome in cui c'è salvezza, se non Gesù Cristo» (At 4,12). Chiedo perdono, ma per meno di questo io non riuscirei ad essere cristiano.

Apriti cielo! Ma come, il mondo chiede unità, pluralismo, pace, dialogo, e un vescovo progressista come Repole ci rifila ancora un «ebreo marginale» come Cristo, i cui seguaci hanno prodotto guerre, persecuzioni, violenze, ecc.! Questo è «esclusivismo teologico», perché Gesù amava chi praticava il bene e basta! Che poi avesse anche detto, rispondendo a chi gli chiedeva che cosa si dovesse fare per compiere le opere di Dio: «credere in Colui che egli ha mandato» (Gv 6,29), per Mancuso è del tutto secondario.

Quindi, secondo tale logica, i martiri cristiani uccisi nei secoli in odium fidei non erano che dei poveri illusi, morti invano e per nulla, perché quello che conta è «mettersi umilmente al servizio» del prossimo.

Cosa che molte parrocchie stanno facendo benissimo, ridotte come sono – pensiamo a Settimo Torinese – ad essere inoffensive agenzie caritative del PD.

Da notare che monsignor Repole, da buon modernista, aveva chiesto perdono, risolvendosi infine a supplicare dal mondo il «minimo sindacale» della fede in Cristo. Che però al mondo e a Mancuso non basta ancora, perché la pretesa cristiana deve essere abbandonata e ciò che resta deve sciogliersi in un indistinto e vago spiritualismo.

A proposito di Olimpiadi, soltanto una settimana dopo la blasfemia andata in scena sulle rive della Senna, e dopo che il presidente turco, il musulmano Erdogan, aveva telefonato al Papa per rammaricarsi dell'accaduto, solo allora la Santa Sede ha sentito il dovere di esprimere il suo disappunto, indice e prova di un cristianesimo arreso e di una Chiesa ridotta ad Ong.

Che quindi non interessa a nessuno, meno che mai ai giovani.

Occorrerebbe ripresentare Cristo al mondo senza compromessi, invece gli si presenta il sinodo.

Viene in mente il Manzoni: «Và, và, povero untorello, non sarai tu quello che spianti Milano».

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