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Per chi suona la campana
05 Novembre 2023 - 12:25
Don Gianni
Ha destato qualche scalpore la notizia che il nuovo parroco, da poco insediatosi a S. Lorenzo di Ivrea, avrebbe fatto rimuovere la bandiera della pace che campeggiava, ormai logora, sulla fronte della chiesa e così già si sono levate le grida dei nostalgici che sospettano chissà quali torbide manovre restauratrici nella patria dell’«olivettian-bettazzismo», tanto che il povero don Gianni è rimasto sorpreso sperando assumendo l’oneroso ufficio di non trovarsi in mezzo ad una guerra ideologica. Dal nostro limitato punto di vista, ci facciamo soltanto due domande.
La prima: che cos’è la pace per un cristiano? Non che cosa rappresenta, ma che cos’è.
Sicuramente non solo l’assenza di guerra o l’atteggiamento e la strategia di coloro che per avere la pace – la loro - spesso fomentano la guerra, la sentenza latina si vis pacem para bellum è quanto di più antievangelico si possa immaginare.
Ma nemmeno il pacifismo è cristiano e per un motivo molto semplice, perché di solito esso è unilaterale e a senso unico, spesso non distingue tra aggredito e aggressore per cui la sua istanza è sovente sbilanciata.
La guerra è sempre una sconfitta dice Papa Francesco e già l’inascoltato Pio XII – il cui motto sullo stemma era Opus justitiae pax – affermava nel 1939 che: «Nulla è perduto con la pace , tutto può esserlo con la guerra». Il vero obiettivo è certo la pace, ma una pace giusta, senza la quale si avranno altre guerre. I pacifisti dicono che la guerra non è mai necessaria e che necessaria è soltanto la pace.
Tutto vero, ma a qualsiasi costo? E la giustizia? L’idea di autodeterminazione dei popoli, i diritti umani e del lavoro e delle donne non sono piovuti dal cielo, ma ottenuti purtroppo attraverso lotte, anche armate, come lo fu la Resistenza italiana. Ma allora che cos’è la pace per un cristiano? La pace per un cristiano è Cristo (Ef 2, 13-18) ed essa, come ricordava San Giovanni XXIII - il quale, tanto per rimanere nei motti sullo stemma, aveva sul suo Oboedientia et pax- nella Pacem in terris: «può venire instaurata e consolidata solo nel pieno rispetto dell’ordine stabilito da Dio».
Per questo in Chiesa dovrebbe essere inalberata soltanto la Croce che andrebbe pure posta sull’altare e non messa in un canto. In questi giorni di dopo sinodo – del quale parleremo nei prossimi post – abbiamo dovuto assistere, con sofferenza, alla rimozione della croce dall’altare papale nella basilica di S. Pietro, tralasciando del Santo Padre che si è pure messo a concelebrare la Messa presieduta dal cerimoniere. In tempi di volgarità e di banalità dominanti – anche nella Chiesa – si dirà che sono particolari insignificanti e invece non lo sono, perché la fede vive anche di simboli significanti e perché la forma è spesso sostanza.
All’ingresso del parroco di San Lorenzo gli è stata ammannita – sotto l’occhio vigile del pontefice massimo della teologia progressista eporediese in stola multietnica – la consueta lezione di concilio. Ci associamo in pieno, magari specialmente applicando la costituzione Sacrosantum Concilium sulla liturgia anche nelle parti che non piacciono, oppure rileggendo il decreto sul ministero sacerdotale, Presbyterorum ordinis, dove si dice che il Signore volle che alcuni fedeli «avessero la potestà dell’Ordine per offrire il Sacrificio e perdonare i peccati, e che in nome di Cristo svolgessero per gli uomini in forma ufficiale la funzione sacerdotale».
O ancora di più, il decreto sulla vocazione dei laici, Apostolocam actuositatem, dove si dice che il loro campo e la loro missione non stanno nei consigli pastorali ma nella «instaurazione dell’ordine temporale come compito proprio e, in esso, guidati dalla luce del Vangelo e da pensiero della Chiesa e mossi dalla carità cristiana, operare direttamente e in modo concreto».
* Frà Martino
Chi è Fra’ Martino? Un parroco? Un esperto di chiesa? Uno che origlia? Uno che si diverte è basta? Che si tratti di uno pseudonimo è chiaro, così com’è chiaro che ha deciso di fare suonare le campane tutte le domeniche... Ci racconterà di vescovi, preti e cardinali fin dentro ai loro più reconditi segreti. E sarà una messa non certo una santa messa, Amen
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