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L’avvocato risponde
26 Luglio 2023 - 11:03
Giudice (foto di repertorio)
L’accertamento in sede penale di un fatto integrativo di reato e una volta divenuta definitiva la relativa pronuncia di condanna ben potrebbero incidere sul presupposto fiduciario del rapporto contrattuale di lavoro in essere tra il condannato ed il suo datore, così da legittimare quest’ultimo a formalizzare nei confronti del lavoratore una lettera di licenziamento per giusta causa. E’ quanto capitato ad un dipendente che, dopo essere stato condannato per un reato di particolare allarme sociale, ossia per violenza sessuale su una minorenne, fu licenziato.
L’impugnazione della decisione datoriale, con richiesta di reintegrazione nel posto di lavoro, venne fondata su motivazioni attinenti alla distanza temporale del fatto, al differente contesto in cui fu perpetrata la condotta criminosa, nonché alla circostanza che dopo quell’avvenimento il ricorrente non avrebbe commesso ulteriori reati.
Effettivamente, nei primi due gradi di giudizio gli assunti difensivi del lavoratore trovarono l’accolgimento, per poi, però essere respinti in Cassazione la quale con decisione assunta il data 25 gennaio di quest’anno n 14114, traendo spunto anche dal dato normativo offerto dal contratto collettivo nazione di riferimento, ha sancito la necessità che il giudice, a tali fini, valuti esclusivamente la gravità del reato senza che rilevino altre circostanze di contorno.
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