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IVREA. C’era una volta la questione morale Ricordando Berlinguer

IVREA. C’era una volta  la questione morale Ricordando Berlinguer

berlinguer

Oggi ad Ivrea si è ricordato Enrico Berlinguer con un convegno con non poche contraddizioni, a partire dalla miscellanea dei suoi promotori, frutto della deleteria pratica delle “larghe intese” che sta minando il nostro paese. Un convegno che ha chiamato come testimoni del tempo anche personaggi politici dell’estrema destra che nulla naturalmente hanno condiviso con Berlinguer e il comunismo, ma anzi li hanno combattuti con ogni mezzo. Un convegno che nella presentazione del Comitato promotore non nomina nemmeno una volta  la “questione morale” della quale per primo Berlinguer parlò, nonostante ancora oggi sia proprio quella il nodo centrale che impedisce lo sviluppo reale e moderno del nostro paese.
Per questo noi oggi vogliamo ricordare con questo intervento soprattutto le parole di Berlinguer sulla “questione morale”. Per quelli che le hanno dimenticate, in particolar modo in quel partito che probabilmente si sente erede di Berlinguer, ma che oggi dialoga con la destra berlusconiana e leghista per attuare riforme istituzionali che vanno proprio nel senso contrario di quell’”idea di politica” richiamata nel titolo del congresso eporediese. Queste le parole di Enrico Berlinguer in un’intervista del 1981:
“La questione morale non si esaurisce nel fatto che, essendoci dei ladri, dei corrotti, dei concussori in alte sfere della politica e dell'amministrazione, bisogna scovarli, bisogna denunciarli e bisogna metterli in galera. La questione morale, nell'Italia d'oggi, fa tutt'uno con l'occupazione dello stato da parte dei partiti governativi e delle loro correnti, fa tutt'uno con la guerra per bande, fa tutt'uno con la concezione della politica e con i metodi di governo di costoro, che vanno semplicemente abbandonati e superati. Ecco perché dico che la questione morale è il centro del problema italiano”.
Berlinguer, come ha scritto Paolo Ferrero l’11 giugno per il trentennale della morte del leader del PCI,  leggeva la corruzione della cosa pubblica, allora come oggi radicata e strutturata, come il sintomo e il tassello di un modello di crescita e di sviluppo distorto, di un capitalismo malato che - per potersi alimentare e riprodurre - doveva necessariamente incubare un'economia illegale e criminale crescente, distruggere l'ambiente e i diritti conquistati dal movimento operaio. Una corruzione che riguardava l'intera classe dirigente del nostro Paese: gli esponenti dei partiti di governo, ma anche gli imprenditori e i grandi manager. Una corruzione che poteva e può essere sconfitta non solo con l'onestà e con la trasparenza, ma mettendo in discussione quelle politiche che oggi chiamiamo neo-liberiste.
Le ultime vicende dell’Expo di Milano e del MOSE di Venezia dimostrano l’attualità della riflessione di Berlinguer.
Ma vogliamo ricordare anche il Berlinguer che andò davanti ai cancelli della Fiat nel 1980 e disse che il PCI doveva stare dalla parte degli operai nei momenti migliori ma anche e soprattutto nelle fasi peggiori; il Berlinguer che sostenne il referendum per salvare la scala mobile. Un’idea politica su lavoro e diritti dei lavoratori molto diversa dalle riforme del governo Monti votate anche dal PD o dal jobs act di Renzi.
Vi è dunque un baratro fra chi oggi lo celebra e Berlinguer e la sua “idea di politica”.  La figura di Berlinguer viene oggi celebrata per far passare il messaggio che andava bene essere comunisti allora, da giovani, con Berlinguer, ma oggi è giusto invece essere moderati, liberali e chi la pensa diversamente, chi crede oggi nell’attualità e necessità del pensiero comunista, viene bollato come anacronistico.
Noi non ci sentiamo affatto anacronistici e condividiamo invece le parole che Enrico Berlinguer disse in una tribuna elettorale del 1982 “Io non mi sento stanco, sento in me la stessa passione che ho avuto quando ho cominciato la mia milizia comunista nel 1943. Da questo punto di vista non mi è accaduto - e questa la considero la più grande fortuna della mia vita - di seguire quella famosa legge per cui si è rivoluzionari a 18 anni, a vent'anni, poi si diventa via via liberali, conservatori, reazionari. Io conservo i miei ideali di allora".
Partito della Rifondazione Comunista
Circolo di Ivrea
Ivrea, 21 giugno 2014
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